Padova, la beffa della sala giochi per bimbi malati: non possono usarla

Padova, la beffa della sala giochi per bimbi malati: non possono usarla
PADOVA - Un volo di farfalle, le anime dei bambini che non ci sono più: emozionò davvero quell'inaugurazione in grande stile, con la presidente del Senato...

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PADOVA - Un volo di farfalle, le anime dei bambini che non ci sono più: emozionò davvero quell'inaugurazione in grande stile, con la presidente del Senato Elisabetta Casellati Alberti, il governatore veneto Luca Zaia, il magnifico rettore dell'Ateneo patavino Rosario Rizzuto, il sindaco Sergio Giordani, tutti a lodare l'opera che restituiva umanità ai luoghi di cura, creando spazi di condivisione e di comunanza. Era il 16 luglio, un assolato lunedì mattina, quando venne tagliato il nastro della Teen zone, la struttura realizzata da un'associazione di volontariato, il Team for children, per gli adolescenti in cura nel Day hospital della clinica di Oncoematologia pediatrica di Padova. Sembrava tutto perfetto, pronto all'uso, per questa che è un'area dedicata ai teenagers appunto, con playstation, giochi, computer, zona relax con acquario, e poi spazi a disposizione dei medici, una sala riunioni, una stanza destinata ai colloqui dei pazienti con gli psicologi. A distanza di quattro mesi, la Teen Zone è ancora chiusa. O meglio, è stata il parco ricreazione di qualche sporadico ragazzino giunto in ospedale per controlli o medicazioni. Nulla più. I quaranta-cinquanta adolescenti in terapia nel Day hospital, e che premevano alla sua porta per andarsi a divertire, o quantomeno a distrarre recuperando una dose di spensieratezza durante le faticose e lunghe chemioterapie, non sono stati fatti entrare. Proprio perché in cura, attaccati a una flebo. La struttura, costruita con pareti mobili dai colori tenui, mobili color bianco e rovere e pavimento in legno per creare un'atmosfera rilassante (la facciata esterna affidata alla felice mano dello street artist padovano Tony Gallo), è stata costruita come area ludica, non sanitaria. Quindi non presenta i requisiti di sicurezza per la tutela di ragazzini che, mentre sono al suo interno, risultano in terapia. «Ma non era sottinteso?» si domandano i volontari del Team. «No, nelle carte non è specificato», ribatte l'Azienda ospedaliera.

L'INGHIPPOPer capire l'inghippo, bisogna riprendere in mano la convenzione sottoscritta tra Team for children, Azienda ospedaliera, Università e Gaia srl per la progettazione e la realizzazione del progetto che prevede, si legge nel documento, la costruzione di una nuova area coperta di circa 170 metri quadri destinata ad ospitare i giovani pazienti adolescenti durante le giornate che questi devono trascorrere all'interno del Day hospital per sottoporsi alle terapie quotidiane offrendo loro uno spazio adibito al soddisfacimento delle proprie necessità scolastiche, didattiche, ludiche e di riposo.
Il costo dell'intervento al piano terra è di 251mila euro, che salgono a 450mila considerando gli studi medici al primo piano (occupati, quelli sì, fin dal giorno dopo il taglio del nastro). Di quei denari, 250mila provenivano da una donazione di Acciaierie Veneto, il resto se l'è accollato il Team che ha raccolto spicciolo dopo spicciolo organizzando spettacoli, vendendo panettoni e gadget convogliando la generosità di tanti privati cittadini. «Mi dispiace tantissimo perché i ragazzi ci tenevano molto: la Teen doveva essere un posto dove potevano costruirsi una propria identità, così invece - commenta amaro il professor Giuseppe Basso, direttore della clinica Oncoematologica fino al 30 settembre scorso, ora in pensione - è uno spreco. Forse la testimonianza che il privato e il pubblico non possono avere progetti in comune».

«La Teen Zone non è nata come area sanitaria - replica il direttore generale dell'Azienda ospedaliera Luciano Flor (il giorno dell'inaugurazione assente perché in Olanda a visitare un ospedale su due poli, simile a quello che sarà per Padova il Giustinianeo e la nuova opera a Est) - ma solo ricreativa, ludica, scolastica. Al suo interno non si possono fare terapie perché l'edificio non ha i requisiti. Con le flebo, insomma, non si può girare».
Federica Cappellato Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino