Foto a luci rosse di giocatrici minorenni: condannato un ex arbitro di basket

Foto d'archivio di un'immagine a luci rosse inviata tramite il telefono cellulare
SILEA - Quattro anni e due mesi di carcere per aver chiesto foto osé a due ragazzine, all’epoca 13ennni. E’ la condanna penale inflitta ieri mattina a un 36enne...

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SILEA - Quattro anni e due mesi di carcere per aver chiesto foto osé a due ragazzine, all’epoca 13ennni. E’ la condanna penale inflitta ieri mattina a un 36enne di Treviso, ex arbitro di basket amatoriale nonché accompagnatore di squadre femminili. Il giovane è finito alla sbarra per adescamento di minore e pornografia minorile. La sentenza pronunciata dal giudice del tribunale di Treviso prevede anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, 17mila euro di multa e 5mila di provvisionale alle parti civili, in attesa di definire l’ammontare del risarcimento in sede di processo civile. Il pubblico ministero Barbara Sabattini aveva chiesto una condanna ben più pesante: 8 anni e 6 mesi di carcere e una multa da 80mila euro. 


LE RICHIESTE OSE’

Stando alla ricostruzione fatta dalla pubblica accusa, l’ex arbitro avrebbe chiesto delle foto erotiche a due ragazzine conosciute sui campi di pallacanestro. Fatti avvenuti a Silea tra il 2009 e il 2010, in un caso e nel 2014 nell’altro. A rompere il muro di silenzio era stato il racconto fatto da una delle vittime al centro di ascolto della scuola media: l’arbitro le aveva chiesto di inviargli alcune foto in pose pornografiche indossando biancheria intima. Di fronte a quelle richieste la ragazzina ha fatto marcia indietro, consapevole che la confidenza con l’arbitro aveva superato una linea da non oltrepassare. Così aveva chiesto aiuto alla scuola, che l’aveva sostenuta nell’iter di denuncia. «Quello che mi stava chiedendo era sbagliato e ho provato una grande vergogna - aveva raccontato in aula, durante una delle udienze clou del processo -. Ero piccola e lui mi ha incantata con dei bei discorsi sullo spirito del basket e i valori morali. Avevo litigato con un’avversaria, mi ha preso da parte e mi ha detto che quello che avevo fatto era sbagliato. Abbiamo cominciato a scambiarci degli sms ma dal basket i discorsi si sono fatti più intimi. Mi ha chiesto foto di nudo ma non gliele ho spedite. Ero profondamente a disagio, non volevo parlarne con i miei genitori e allora mi sono rivolta al centro ascolto della scuola. Sono stati loro ad avvisare la mia famiglia». 


IL RICATTO

Una sua coetanea, invece, qualche anno prima era caduta nella trappola: nel cellulare del giovane, passato al setaccio una volta scattata la denuncia, gli inquirenti hanno trovato gli scatti “proibiti” di una ragazzina: la 13enne posava in biancheria intima e persino nuda, come le aveva chiesto il suo aguzzino. «Mi ha sempre riservato delle attenzioni morbose – aveva spiegato al giudice l’altra ragazza – a cui io non ho però ceduto, anche considerata la differenza di età. A un certo punto mi ha presentato un tale Marco, con cui non mi sono mai vista, pensavo di scrivere a lui. Era un momento molto delicato, i miei genitori stavano divorziando. Quell’amicizia virtuale era uno sfogo. Gli ho spedito alcune foto di me nuda, poi mi ha ricattata, dicendo che le avrebbe pubblicate. Ho sospettato che fosse l’arbitro: una volta mi ha detto che sapeva delle foto che mi scambiavo con Marco. Alla fine ho tagliato i ponti, ma ha continuato a cercarmi». Il pubblico ministero di Venezia (competente per i reati contro i minori), a conclusione delle attività di inchiesta aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione del caso dal momento che soltanto una delle due ragazze aveva sporto querela nel 2014 senza tuttavia inviare le foto richieste. Il gup invece aveva deciso per l’imputazione coatta. E ieri per l’ex arbitro è arrivata la condanna a 4 anni e 6 mesi. Una sentenza che gli avvocati difensori Barbara Vidotti del foro di Treviso e il collega Matteo Moretto del foro di Pordenone annunciano già di voler impugnare. «Faremo sicuramente appello - commenta l’avvocata Vidotti, forte del fatto che il giudice abbia dimezzato la pena rispetto alla richiesta avanzata dal pubblico ministero -. Attendiamo le motivazioni». Il deposito della sentenza è a 90 giorni». 

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Il Gazzettino