- Tutti gli articoli del sito, anche da app
- Approfondimenti e aggiornamenti live
- Le newsletter esclusive
OFFERTA SPECIALE
L’alloggio stava in un container, «posizionato accanto ad una struttura bruciata, con amianto a meno di due metri». Il tetto era ridotto a pezzi, «con unica precauzione un telo di plastica davanti alla finestra». Intanto fuori piovevano proiettili «con utilizzo di uranio impoverito per i bersagli corazzati». Per quattro mesi Sergio Cabigiosu, quand’era tenente della fanteria alpina di stanza fra l’Alto Adige e Cividale del Friuli ma in missione a Sarajevo, ha respirato la stessa aria di Franco Di Mare. Il giornalista napoletano è morto nella scorsa primavera, stroncato dal mesotelioma in attesa che la Rai gli riconoscesse lo stato di servizio per il suo lavoro nei Balcani. Invece il formatore veronese combatte con una leucemia mieloide cronica, ma è stato riconosciuto «vittima del dovere» dal Tribunale scaligero, con una sentenza appena passata in giudicato che ha condannato i ministeri della Difesa e dell’Interno a liquidargli i benefìci previsti dalla legge, vale a dire la speciale elargizione di 285.000 euro e l’assegno vitalizio mensile per 2.100 euro che il 51enne percepirà a vita.
I DANNI
Accogliendo il ricorso patrocinato dall’avvocato Enzo Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, il giudice Marco Cucchetto ha descritto i danni patiti da Cabigiosu con l’esposizione alle sostanze cancerogene sia nelle caserme italiane che durante l’operazione “Joint forge” tra febbraio e luglio del 2001.
LA DIAGNOSI
Da allora sono trascorsi oltre due decenni, Cabigiosu ha cambiato lavoro e ha una bella famiglia, ma da sette anni convive con la grave malattia accertata dall’Azienda ospedaliera di Verona. Riferisce l’Osservatorio nazionale amianto: «La spiacevole scoperta è avvenuta nel 2017, all’età di 44 anni, quando ha ricevuto la diagnosi della patologia asbesto correlata che gli ha causato un grave danno biologico al 100%, inequivocabilmente, quindi, legata all’esposizione a radiazioni dovute all’uso di proiettili all’uranio impoverito. Il tenente ha subito anche esposizione all’amianto, sia nelle caserme in Italia, che a Sarajevo». Sulla base anche dell’esperienza maturata di fronte alla Corte d’Appello di Venezia, l’avvocato Bonanni ha vinto la causa davanti alla sezione Lavoro del Tribunale scaligero. «Si tratta di una sentenza molto importante – commenta il legale – perché inverte l’onere della prova per esposizione a radiazioni e nanoparticelle di metalli pesanti e radioattivi ed è molto importante anche nell’ottica di risarcimento del danno subito dal militare per le esposizioni nel nostro Paese e nel territorio balcanico». La notizia è stata commentata dall’eurodeputato Roberto Vannacci, che da generale aveva sollevato casi come questo, gridando «Vittoria» e citando un passaggio dell'orazione di Cicerone contro Catilina: «Fino a che punto dunque abuserai della nostra pazienza?». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino