Segnalare le ispezioni era la «prassi». I casi raccolti dalla guardia di finanza e consegnati ai pm D'Alessandro e Baccaglini sono numerosi e non riguardano...
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LO SFOGO
«Sì lo sapevamo, ma fino a poco tempo fa noi eravamo ricattati, cioè dalle necessità voglio dire. Adesso che non abbiamo più questa necessità possiamo fare qualcosa di più e sono contenta se li cancelliamo dalla faccia della terra». Un esempio del rapporto tra prefettura ed Edeco, per gli inquirenti, è l'ispezione del 15 dicembre 2015. È Cusumano a telefonare a Borile: «Allora sto facendo una cosa, alle 14 prendo un mezzo e vengo a dare un'occhiata alle strutture». A quel punto parte la macchina delle chiamate del responsabile del centro. «Hai avvisato in campo che preparino tutto? Chi secondo te può ricevere il vicario adesso? Ma questi tengono la bocca chiusa o parlano?» «Chiama un paio di persone, che diano immediatamente una pulizia generale». Cusumano, interrogato dai pm, ha risposto che in quel caso si sarebbe trattato di semplici sopralluoghi logistici. Quella visita, però, agli atti era stata registrata comunque come ispezione. Proprio come la visita del 27 marzo 2017 dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr). Prefetto, allora, era Carlo Boffi. Dalla sua segreteria, partì una mail per avvertire Felpati dell'arrivo della delegazione. È per questo caso, che l'ex delegato lagunare del governo risulta indagato nell'inchiesta: una direttiva del ministero dell'Interno del 26 gennaio 2015 vieta, infatti, che queste ispezioni siano preannunciate.
NESSUNA CONTESTAZIONE
Per un anno e mezzo era filato tutto liscio. Ovvero: dalla nascita del Cas di Conetta di Cona (24 luglio 2015) fino alla morte di una delle ospiti della struttura, Sandrine Bakayoko (2 gennaio 2017) la prefettura di Venezia non aveva contestato nemmeno una virgola alla Edeco, ente gestore della ex base. Tutto in regola, quindi. Poi, dopo il decesso della giovane ivoriana, scattò una penale del 15% sulle fatture. Una determinazione - come ha spiegato il prefetto vicario dell'epoca, Vito Cusumano, ai procuratori inquirenti - «non prevista da alcuna norma, ma attuata comunque allo scopo di cautelare la stazione appaltante nell'interesse dell'amministrazione». Il punto a cui i magistrati sembrano voler arrivare è uno in particolare: ma prima di quella tragedia, veramente nell'hub andava tutto bene? E come mai, senza alcuna contestazione ufficiale documentata, si è deciso di ridurre i pagamenti alla società padovana di Simone Borile e Sara Felpati? Sembrerebbe di no, stando all'informativa della guardia di finanza, visto che già il 10 ottobre del 2016, infatti, un'ispezione dell'allora Ulss 14 di Chioggia (ora confluita nella veneziana Ulss 3 Serenissima) aveva riscontrato una violazione nel rispetto degli obblighi contrattuali. Il medico della base, si era scoperto, era in servizio per un orario ridotto rispetto a quello previsto dagli accordi. Non vi furono conseguenze, eppure lo stesso inadempimento venne rilevato il 10 gennaio 2017, a una settimana dalla morte di Sandrine, dalla commissione ministeriale.
Davide Tamiello
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Il Gazzettino