BELLUNO - Dalla distruzione alla rinascita. Il Bellunese potrebbe creare una filiera del legno forte e compatta. Da qui a riaprire le vecchie segherie dismesse ci vuole poco. La...
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LA PROPOSTA
«Ogni giorno che passa è un piccolo regalo che facciamo agli speculatori - sottolinea Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Imprese Veneto -. A tre settimane dalla tempesta di vento e pioggia che si è abbattuta sul Veneto, non è ancora possibile fare una conta precisa. Restano le stime di milioni di alberi tra Veneto Friuli e Trentino». In questa situazione, Bonomo lancia la proposta: «C’è la pressione speculativa di operatori fuori Veneto, soprattutto di trentini e austriaci. Potremmo immaginare di riaprire impianti di prima lavorazione del legno, chiusi negli scorsi anni. C’è però bisogno di un tavolo guida per coordinare tutta la filiera del legno».
“Per fare un tavolo, ci vuole il legno” dice la celebre canzoncina. Stavolta di legno ce n’è quanto si vuole. Ecco perché sarebbe giusto riaprire le segherie dismesse. Ma sarà anche possibile? Per Confartigianato Belluno sì. «Molte segherie che hanno dismesso negli ultimi anni perché non conveniva più fare questo lavoro sarebbero disposte a riaprire, qualora ci fossero degli accordi con i proprietari forestali - assicura Claudia Scarzanella -. Certo, servono poi accordi tra le aziende della prima lavorazione e quelle della seconda lavorazione. Ma l’idea di riaprire le segherie bellunesi non è una boutade o una provocazione». A detta della presidente di Confartigianato Belluno, esperta del settore, basterebbe molto poco. Perché molte segherie dismesse hanno ancora i macchinari. Quelle che li hanno ceduti, invece, tornerebbero comunque utili per i capannoni e i piazzali, indispensabili in questo momento per lo stoccaggio del legname. «Basterebbero poche manutenzioni per riaprire le segherie dismesse - continua Scarzanella -. La disponibilità c’è. Anche perché chi ha chiuso l’ha fatto perché non conveniva tenere aperto. Nel momento in cui c’è un ritorno economico e sociale, si possono riaprire. Tutti adesso sentono anche il valore etico e sociale della riapertura. In questo momento abbiamo il dovere di cercare il rilancio. Non possiamo rassegnarci a chiamare gli austriaci per gestire il nostro legname: significherebbe tirare una striscia sul nostro futuro».
IL GIOCO DI SQUADRA
Le condizioni per il rilancio ci sono. Manca solo un tavolo. Istituzionale, più che di legno. Con attorno tutti i soggetti coinvolti nel settore del legname, dai proprietari forestali in giù. «Serve fare sistema - conclude Scarzanella -. Prendere decisioni singolarmente sarebbe deleterio». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino