PORDENONE - Nessuno si azzardi a chiamarla normalità. Senza ricreazione in giardino, al minimo sindacale della socializzazione, con una mascherina in qualche caso indossata...
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IL VIAGGIO
Ore 11.30, area del Centro studi. I primi ad archiviare il giorno uno della nuova scuola sono stati gli studenti dei due grandi licei: Grigoletti e LeoMajor. «C’è stata un po’ di confusione all’entrata - racconta una ragazza del Grigoletti -, soprattutto a causa del badge per entrare. Lì si è creato un po’ di ammassamento, ma sempre con la mascherina. Le protezioni - aggiunge - le dobbiamo tenere anche al banco, perché la distanza tra i banchi non è sempre di un metro». Qualcosa, quindi, è “saltato”, ma si risolve il problema aumentando il grado di sicurezza delle protezioni. «Niente ricreazione», prosegue. Si inizierà a farla solo oggi, ma seduti al banco. Niente passeggiata e niente macchinette automatiche. Dopo ogni ora i bidelli igienizzano la cattedra. «Dobbiamo resistere - spiega invece uno studente del Leomajor -, non può essere questa la normalità, ma il futuro passa da noi». Un discorso da liceale puro. C’è però anche chi fa notare alcune difficoltà: «Faceva molto caldo - prosegue uno studente del Grigoletti - e con la mascherina addosso per tutto il giorno mi sembrava di svenire». Le protezioni, nella maggior parte dei casi, le ha fornite l’istituto, ma tanti studenti sono arrivati già muniti delle proprie. Stessa situazione al Flora, dove anche durante la ricreazione la mascherina dev’essere sempre indossata. Al Mattiussi, invece, alcuni insegnanti hanno scelto anche la visiera protettiva.
Dieci minuti dopo l’una, invece, è stato il turno dell’onda del Kennedy. Al suono della campanella d’uscita, un fiume di ragazzi ha lasciato l’istituto di via Interna. All’uscita qualche disagio legato al traffico, e un po’ di confusione dovuta all’alto numero di studenti presenti nello stesso momento. Ma l’ammassamento, va precisato, è stato solo momentaneo. E soprattutto protetto. Sull’organizzazione dell’istituto, solo complimenti da parte dei ragazzi. «Molto bene i percorsi separati, sono estremamente precisi». Un plauso anche da parte degli insegnanti: «I ragazzi sono stati bravissimi, hanno sempre portato la mascherina e c’è stato un rispetto esemplare delle regole. Non è facile, ma la prima prova è stata superata».
I TIMORI
È però viaggiando tra gli studenti fuori dalle scuole, che si può tastare il vero polso dell’universo scuola. E c’è la sensazione che di fiducia, sul prosieguo dell’annata, ce ne sia davvero poca. Soprattutto tra i ragazzi stessi. L’opinione predominante è questa, e spaventa: «Secondo noi - ripetono come un mantra praticamente tutti i giovani intervistati - la scuola in presenza durerà al massimo due settimane. Al primo contagio si scatenerà il panico e richiuderanno tutto». Frasi figlie della paura e dei lunghi mesi passati a casa, più che basate sulla realtà dei fatti. Ma tant’è, il sentimento era questo. «Tanti nostri coetanei non rispettano le regole fuori dalla scuola», suggerisce una ragazza seduta sul bordo del parco San Valentino. E la vera sfida, infatti, non è certo quella del primo giorno. La partita la si giocherà sul piano della continuità. Solo tenendo duro si potrà dar torto ai ragazzi, per una volta pessimisti sul colore da assegnare al futuro. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino