Mario Stefani, il poeta "civico" paladino di Venezia

Mario Stefani nell'illustrazione di Matteo Bergamelli
"Se Venezia non avesse il ponte, l'Europa sarebbe un'isola”. Chi non ha letto o sentito pronunciare almeno una volta il celebre distico che racconta del...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
"Se Venezia non avesse il ponte, l'Europa sarebbe un'isola”. Chi non ha letto o sentito pronunciare almeno una volta il celebre distico che racconta del sentimento di supposta superiorità dei veneziani verso il resto del mondo, che vedono nella loro città il centro di ogni cosa? Ebbene, probabilmente non tutti sanno che questo aforisma fu coniato (divenne anzi il titolo di uno dei suoi libri) dal poeta veneziano Mario Stefani, probabilmente l'ultimo “poeta civico” che Venezia ha avuto, nel quale l'intera città si sia riconosciuta.


La dimensione poetica di Stefani (e poco prima della sua – o assieme alla sua, se si vuole intendere la Poesia come dimensione senza tempo – quelle di Diego Valeri e di Aldo Palazzeschi), fu sempre intimamente connessa con Venezia, le sue pietre, i suoi abitanti; sempre così carica di desiderio, di attesa, di trepidazione, d’amore. Impossibile citare qui i titoli delle sue opere, o elencare i riconoscimenti giustamente tributatigli nel corso della sua lunga e fertile attività di scrittore di versi.

Ma Mario Stefani non era solo un contemplativo: fece della poesia la sua arma più affilata per combattere la battaglia della salvaguardia della città, sul cui fronte si rese protagonista specialmente fra gli anni Settanta e Ottanta: la sua “Venezia more” divenne emblema del comitato no Expo, al punto che nel 1989 il Comitato “Venezia a misura d'uomo” guidato da Pier Andrea Gagliardi la fece tradurre in francese e imprimere su di un volantino con un disegno di Hugo Pratt, da recapitare a Parigi in segno di protesta contro la grande esposizione universale nel corso di una manifestazione alla quale partecipò anche l'allora sindaco Antonio Casellati. Quello stesso anno il giornalino a fumetti “Topolino” lo inserì in una storia – “Pippo, poeta contemporaneo” – in cui Stefani appariva come “presidente della poesia strampalata”.

“Venezia more” era già stata scelta da Giovanni Spadolini e Indro Montanelli per la pubblicazione, il 23 aprile 1970, sul Corriere della Sera: erano gli anni della contestazione contro lo scavo del canale dei petroli, e della presenza in laguna delle navi petroliere: “Fè qualcosa zente / i xe qua ieri e i xe qua ancuo / i studia i varda / i ciacera cussì a vanvera / e no se conclude niente / dovemo serarse in casa / par no vedar / la nostra çità sofrir?”



Nato a Venezia il 4 agosto 1938, si laureò in lettere con una tesi sull'Epistolario di Pietro Aretino; lavorò all'Università di Urbino, collaborò con il Gazzettino, l'Osservatore politico letterario, l'Arena e il Resto del Carlino. Fu insegnante alle medie inferiori e alle superiori. Assieme al suo impegno civico e politico (non aveva mai fatto segreto delle sue simpatie repubblicane e radicali), si distinse anche per il suo impegno verso il riconoscimento dell'omosessualità, malgrado Palazzeschi stesso avesse cercato di terrorizzarlo perché non pubblicasse poesie a tema omosessuale: fin dagli anni Settanta aveva abbandonato ogni convenienza, dichiarando la sua omosessualità, che a Venezia fu accettata e rispettata almeno quanto lo era lui.

Mario Stefani era un conversatore brillante: una fucina di aneddoti, battute, barzellette. La sua poesia fu allo stesso tempo molto istintiva – come emerge dal bel saggio “Mario Stefani e Venezia. Cronache di un grande amore” di Flavio Cogo, per i Libri di Gaia – ma anche molto consapevole: una poesia dotata di un’idea ben precisa di città. Stefani fu infatti un attento osservatore delle trasformazioni cittadine; le sue posizioni inequivocabili sui temi della salvaguardia e del turismo di massa seppero vedere (purtroppo vanamente, a quanto pare) molto lontano.


Stefani si tolse la vita nel suo appartamento veneziano di San Giacomo de l'Orio il 4 marzo 2001. Nelle settimane precedenti una mano anonima aveva vergato in molti punti della città una frase del poeta: “Solitudine non è essere soli. È amare gli altri inutilmente”. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino