Neppure un centesimo a Refrontolo «Fu un fenomeno molto circoscritto»

Neppure un centesimo a Refrontolo «Fu un fenomeno molto circoscritto»
VENEZIA - Refrontolo non avrà un centesimo perché, nonostante la bomba d’acqua scatenatasi un anno fa sul Molinetto della Croda abbia provocato quattro morti, l’evento...

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VENEZIA - Refrontolo non avrà un centesimo perché, nonostante la bomba d’acqua scatenatasi un anno fa sul Molinetto della Croda abbia provocato quattro morti, l’evento calamitoso non rientra nella casistica di quelli risarcibili. È stato un evento circoscritto, puntuale, non ripetuto. Per questo, d’intesa con gli uffici tecnici della Protezione civile nazionale, la Regione Veneto aveva deciso di non presentare subito la domanda per la richiesta di dichiarazione di stato di emergenza, ma fare un unico fascicolo, con le disgrazie di tutto l’anno.




È quanto spiega Roberto Tonellato, responsabile della Protezione civile regionale del Veneto. La spiegazione del tecnico probabilmente non farà cessare la polemica, ma dà una lettura diversa da quella politica che sta tenendo banco in Regione, con il Pd di Alessandra Moretti e pure i tosiani che accusano il governatore Luca Zaia di aver perso tempo.



Dunque, il primo punto da capire è: perché la Regione non spedì subito la domanda a Roma per la dichiarazione dello stato di emergenza dopo l’evento verificatosi il 2 agosto 2014 a Refrontolo, come invece ha fatto ora per il tornado in Rivera del Brenta? Dice Tonellato: «Io ho sentito immediatamente il Dipartimento della Protezione civile nazionale. Ci siamo consultati giungendo alla conclusione che quanto avvenuto in quella zona non aveva le caratteristiche per essere classificato del tipo "c", che è la casistica che consente i risarcimenti. In pratica, quell’evento non aveva le caratteristiche per ottenere da solo lo status di emergenza. Ma siccome dall’inizio dell’anno c’erano stati altri eventi in giro per il Veneto, si è valutata l’ipotesi di riunire tutto quello che era successo nel corso del 2014 e di presentare alla fine un’unica pratica».



E perché questa pratica avrebbe dovuto funzionare? «Perché - spiega Tonellato - il principio che si era valutato assieme al Dipartimento nazionale era che in Veneto c’era stata nel 2014 una persistenza di varie criticità». Obiezione: nella lettera di risposta a Zaia, il responsabile della Protezione civile Franco Gabrielli scrive che la domanda è stata presenta tardi. «Eh no - ribatte Tonellato - Leggete bene quella lettera: Gabrielli non dice che la domanda era tardiva, ma che a distanza di sei mesi era più difficile valutare i danni. E, soprattutto, dice che non si ravvisano gli effetti per catalogare Refrontolo di tipo "c"».


Fatto sta che, mentre la polemica montava e piovevano le accuse di non aver fatto niente, a un certo punto, ed è il 5 febbraio 2015, Zaia estrae dal faldone delle disgrazie del 2014 il fascicolo di Refrontolo e lo spedisce a Roma. Perché? «A fronte di insistenti polemiche politiche, che rischiavano di distorcere la realtà dei fatti e la necessità di rispettare le norme tecniche in materia, fu deciso, ben sapendo che si trattava di un’iniziativa potenzialmente sterile, di inviare la richiesta formale per lo stato di emergenza». Il paradosso è che le altre domande rimaste nel faldone cumulativo sono tuttora all’esame di Roma e qui sì potrebbero arrivano dei soldi: col senno di poi era meglio lasciare Refrontolo nel faldone unico? Tonellato ripete: da una parte la scelta politica, dall’altra il fatto che la bomba d’acqua di Refrontolo fu isolata e non ebbe ripetizioni. Quindi chi risarcisce i cittadini? «I danni ai privati ammontano a poche centinaia di migliaia di euro. Ricordo che la Regione ha messo subito 4 milioni di euro per Refrontolo. E ricordo anche che il ristoro nazionale riguarda solo le spese per i danni alle infrastrutture. Nulla ai privati». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino