Prosecco, altolà del Tar ai tedeschi. I giudici: «Divieto di produzione fuori dall'Italia»

Prosecco, altolà del Tar ai tedeschi. I giudici: «Divieto di produzione fuori dall'Italia»
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La produzione dello spumante in Germania? Risale al diciannovesimo secolo, «tanto che nel 1849 vi operavano 43 aziende e la relativa tradizione sarebbe attestata anche da menzioni risalenti fino al 2000 a.C.»: su questa base, una ditta tedesca chiedeva da 12 anni all'Italia di poter elaborare il Prosecco anche nella Renania-Palatinato. Peccato però che nel 2009 (dopo Cristo) sia stato approvato il disciplinare della Doc che lega indissolubilmente questo vino al Nordest, motivo per cui il Tar del Lazio ha dato ragione al ministero delle Politiche Agricole, al Veneto e al Friuli Venezia Giulia, spegnendo così almeno in primo grado la teutonica sete di bollicine.


 

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La richiesta

Protagonista della vicenda è la Peter Herres Wein und Sektkellerei Gmbh, cantina spumantistica con sede a Treviri che opera dal 1954 nel comparto vinicolo, «incluso (da diversi decenni) il settore delle tipologie Prosecco spumante e Prosecco frizzante», il cui imbottigliamento viene effettuato negli stabilimenti di Burgbrohl e Bieden, «tutti nella stessa zona vitivinicola della Mosel». Quella è terra di Riesling, coltivato su ripidi pendii. Ma da qui a farne le colline di Conegliano e Valdobbiadene, ne passa. Ecco perché nell'ottobre del 2009 il dicastero delle Politiche Agricole, all'epoca guidato dall'attuale governatore Luca Zaia, rigettò la sua richiesta di autorizzazione individuale in base al decreto ministeriale e al regolamento comunitario, varati qualche mese prima a tutela dei produttori delle 9 province vocate fra Veneto e Friuli Venezia Giulia, vale a dire Treviso, Belluno, Padova, Venezia, Vicenza, Pordenone, Udine, Trieste e Gorizia.

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Il ricorso

A quel punto l'azienda presentò ricorso al Tribunale amministrativo di Roma, contro il ministero e le due Regioni, ritenendo di possedere i requisiti previsti da una deroga ammessa dalla normativa. Il testo infatti consentiva la prosecuzione dell'elaborazione e dell'imbottigliamento del Prosecco, in via eccezionale, alle ditte situate nelle province confinanti con il territorio autorizzato che attuavano la pratica tradizionale da almeno 5 campagne vitivinicole, o che comunque svolgevano quel tipo di attività prima del 1° marzo 1986. Quest'ultimo era appunto il caso della Peter Herres, che lamentava pertanto di essere stata «esclusa solo in quanto non italiana e quindi per ragioni discriminatorie».


Le motivazioni

Ma il Tar del Lazio ha accertato la correttezza della valutazione ministeriale e la fondatezza delle difese regionali, secondo cui le norme italiane ed europee in materia di Doc e Igp non contemplano «deroghe per consentire le operazioni di produzione fuori dal territorio nazionale». Si legge nelle motivazioni della sentenza, depositata ieri: «L'area di produzione è tassativamente indicata nel Disciplinare che identifica una precisa zona geografica entro i limiti dei confini nazionali, come risulta dalla genesi del Disciplinare, che ha avuto origine in un accordo tra produttori non transfrontalieri. Inoltre «la pur prevista clausola di apertura di specifiche e limitate fasi della filiera ad aziende diverse da quelle rientranti nell'ambito previsto, non può essere estesa ad aree esterne allo Stato membro che ha proposto il riconoscimento». Di conseguenza «non sussistono i presupposti per rimettere una questione di compatibilità euro-unitaria della disciplina in esame alla Corte di Giustizia», come invece avrebbe voluto l'impresa tedesca. Un caso decisamente curioso, per cui «non si registrano precedenti di giurisprudenza», tanto che le spese del giudizio sono compensate fra Italia e Germania.

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Il Gazzettino