Profugo in fuga dall'ex caserma Serena: «Là eravamo prigionieri»

CONA (VENEZIA) «Cona is not good, but Serena is even worse». Insomma, parafrasando il detto, se Cona piange, Treviso non ride, anzi. Quei migranti in fuga erano pronti...

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CONA (VENEZIA) «Cona is not good, but Serena is even worse». Insomma, parafrasando il detto, se Cona piange, Treviso non ride, anzi. Quei migranti in fuga erano pronti a morire pur di non rientrare nella struttura di via Rottanova. Ma quando hanno visto che la loro alternativa, però, era l'ex caserma Serena di Treviso, hanno chiesto di ritornare all'hub veneziano. Quando sono rientrati, agli operatori della cooperativa Edeco hanno raccontato di essere stati convinti a lasciare Conetta dal gruppo che più era vicino all'Usb, il sindacato che da lunedì sta assistendo e supportando i migranti in marcia. Questore e prefetto di Venezia, parlando della marcia della dignità, come è stata ribattezzata, hanno usato entrambi la stessa espressione: «Sono stati illusi».


Tra quei sei nigeriani c'era anche Egbe Lucky, 34 anni. Il volto segnato dalle cicatrici, un cappotto a coprire la t-shirt. Egbe si definisce un perseguitato politico dal governo del suo Paese, racconta di aver intrapreso un'odissea infinita per lasciare la sua Nigeria. «Cona non va bene, ma la Serena di Treviso è molto peggio. C'è sempre tanta gente, i letti sono stretti, gli orari sono quasi blindati. Ce lo avevano detto anche altri connazionali. Ma lì eravamo prigionieri»...
 
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Il Gazzettino