Marinella Piazza vive a Valle di Cadore nel Bellunese, in una vecchia casa ricca di ricordi che guarda i boschi e le cime dolomitiche. Donna vigorosa e genuina, si definisce...
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UNA TARGAMarinella, davanti alla targa in ricordo di Maria Plozner, ha accostato il suo pistoc (termine dialettale per indicare un bastone dove appoggiarsi) del 1917 che molto spesso l'accompagna nelle sue escursioni con la bandiera della Magnifica Comunità di Cadore; ha scattato emozionata qualche foto e ha incominciato a riflettere e a porsi qualche domanda. «Perché - racconta - le donne della Carnia hanno visto il riconoscimento, seppur tardivo, della loro opera mentre l'attività delle donne bellunesi è poco descritta e per nulla riconosciuta? Perché non si conosce quella parte della storia della Prima Guerra Mondiale che le ha viste protagoniste per il bene dei loro figli a costo di sacrifici indicibili?».
IN COMELICOCosì Marinella ha deciso che anche le vallate bellunesi dovevano recuperare dall'oblio in cui erano finite, le storie delle donne del Cadore che erano state protagoniste nella Grande Guerra. Tornata a casa, Marinella ha contatto gli amici del Gruppo Alpini Comelico Superiore e in particolare il capogruppo Marco de Martin Pinter per conoscere se qualcuno era a conoscenza di queste vicende, e se in caso affermativo, fosse anche possibile puntare ad una vera e propria rievocazione storica. Cosa che puntualmente si è verificata nello scorso settembre al Passo della Sentinella nell'alta Val Popera, luogo di diversi scontri militari e di gesta eroiche, potesse trovare posto anche una rievocazione storica delle portatrici bellunesi.
ADDOLORATA MARTINIDopo l'entusiastico apprezzamento degli alpini all'idea, per Marinella e i suoi familiari è iniziato il lavoro di ricostruzione della memoria. È partita una ricerca che dapprima ha riguardato l'attività delle donne in prima linea dove in mezzo al pericolo portavano ai soldati munizioni, granate, pali e filo spinato. Poco si conosce ed è rimasto nella memoria collettiva, tuttavia grazie all'iniziativa dell'associazione La Stua di Casamazzagno in Comelico, si sono potute recuperare alcune interviste come quella di Addolorata Martini Barzolai che spiegava come nel 1915 le autorità italiane reclutarono le portatrici dato che il Comelico era in piena zona di guerra. Addolorata a soli 12 anni per aiutare la sua povera famiglia incominciò faticosamente a trasportare al fronte le granate. La sua testimonianza ha aiutato così a capire i carichi che le donne coraggiosamente portavano lungo ardui sentieri. Mentre, grazie alla passione fotografica dell'allora giovane architetto Alberto Alpago Novello del Genio civile militare che dirigeva i lavori in varie località montane del bellunese, si è potuto osservare che lungo la cosiddetta linea gialla più distante dal fronte, le portatrici trasportavano sassi, sabbia, tavole di legno per costruire strade militari e forti, che oggi in estate nelle nostre escursioni attraversiamo o visitiamo spesso ignorando lo sforzo fatto da queste incredibili donne.
SCARPETLa ricerca ha consentito anche di ricostruire l'abbigliamento delle portatrici. Marinella nella sua vecchia lòda di casa (termine dialettale per indicare un atrio dove si aprono le porte delle camere) ha creato una sorta di sartoria con tavoli, due macchine da cucire, stoffe fili, bottoni e con altre donne della vallata accorse con entusiasmo in suo aiuto ha creato i vecchi indumenti dell'epoca, addirittura le originali scarpet grazie alla tradizione tenuta ancora in vita dalle donne di Cibiana di Cadore. Un coinvolgimento che ha visto la partecipazione di tante donne provenienti dalla Carnia, dal Comelico, dal Cadore e dallo Zoldano. Ora Marinella è riuscita a fare rete nelle diverse vallate e tante persone sono impegnate a recuperare memorie e ricordi delle donne in guerra anche per trasmettere antichi valori alle nuove generazioni. Inoltre, è nato da poco un gruppo Facebook Le portatrici per raccogliere e condividere foto e testimonianze su queste straordinarie storie che, come ha scritto l'alpinista e scrittrice cadorina Antonella Fornari, «si leggono intensamente ma che poi soffiano via come le loro difficili vite, come la brezza leggera contro le finestre del cuore per poi spalancarle sui mondi remoti: i mondi e le piccole storie delle donne dei monti, delle donne della guerra».
Giannandrea Mencini Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino