Crisi banche popolari, i soci veneti ci hanno rimesso 5 miliardi di euro

Crisi banche popolari, i soci veneti ci hanno rimesso 5 miliardi di euro
Non una catastrofe da 20 miliardi di euro di buco - come era stata annunciata in un rimo tempo - ma si "limiterebbe" a ben 8 miliardi a livello nazionale e a 5 miliardi...

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Non una catastrofe da 20 miliardi di euro di buco - come era stata annunciata in un rimo tempo - ma si "limiterebbe" a ben 8 miliardi a livello nazionale e a 5 miliardi per i soli soci veneti la perdita subita dai risparmiatori che possedevano quote di Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza. 


A venire maggiormente colpite, sono state le famiglie e  le piccole imprese, meglio, invece, è andata per la medie imprese soprattutto venete. A dirlo sono i dati del Centro Studi Unioncamere del Veneto che ha elaborato uno studio partendo dalle liste complete dei soci degli istituti bancari e incrociando i dati con quelli di fonte Istat ed Infocamere. Secondo lo studio l’impatto complessivo di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza ha riguardato 206.498 soci per un totale di 224.667.003 milioni di azioni. Di questi 106.373 sono i soci veneti (89.657 famiglie e 16.716 imprese) e 130.026.371 sono i milioni di azioni perdute nella nostra regione. Il crollo delle due banche popolari venete ha portato a una perdita complessiva dello stock di attività finanziarie di almeno 5 miliardi di euro (circa il 3,4% del Pil veneto) con un effetto concentrato soprattutto nelle province di Treviso (33%) e Vicenza (44%). La perdita media per socio è stata di 47mila euro (45mila per famiglia e 57mila per impresa) e i settori maggiormente colpiti sono stati le attività professionali e le attività finanziarie ed assicurative.

«Ciò che preoccupa maggiormente è la perdita di fiducia a cui noi dovremo far fronte – il commento di Giuseppe Fedalto, presidente di Unioncamere Veneto – Gli investitori rappresentano un pezzo importante del sistema economico e sociale da sostenere attraverso un’assunzione di responsabilità collettiva che porti a rigenerare quella ricchezza che è andata perduta. Lo Stato deve sostenerci». «Abbiamo pochissimi strumenti per rimediare a questi gravi danni - sottolinea Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio di Belluno-Treviso Fino a prima della riforma, le Camere di Commercio potevano infatti intervenire attraverso finanziamenti a favore dei Confidi, oggi non più». «Il danno c’è stato, non si può nascondere ed è rilevante per le famiglie. – è la valutazione sui dati del sottosegretario all’economia Pierpaolo Baretta - Questo aggrava le responsabilità degli imprenditori quindi più presto si procederà ad azioni di responsabilità importante meglio è per discutere di un approccio nuovo e dare una rottura di continuità con il passato. La discussione ora non è se serve una banca veneta ma se serve un circuito finanziario veneto. Non abbiamo intenzione di far fallire nessuna banca – aggiunge - abbiamo chiesto al sistema bancario di salvare se stesso. Dobbiamo, però, avere una strategia di uscita, cioè un piano industriale: le due banche devono darcelo in tempi brevi per sapere qual è l idea di rilancio e dentro ci deve essere la risposta se esiste la proposta di una banca unica. Sui posti di lavoro a rischio confermo che nella legge di bilancio abbiamo messo una cifra di 600milioni in tre anni per il sostengo al fondo. Poi c’è il riscatto della laurea e la solidarietà. Certo le banche non dovranno liberarsi di più dipendenti solo perchè sanno che ci sarà un ammortizzatore». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino