Pop venete, niente “bonus” di Stato, Baretta spegne le illusioni

Pierpaolo Baretta
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ECONOMIA - «Le regole europee sono chiare e impediscono allo Stato il rimborso agli azionisti. Indipendentemente della valutazione che si può fare dell’offerta di transazione lanciata da Popolare Vicenza e Veneto Banca, nella quale non entro nel merito, l’eventuale intervento pubblico nel capitale delle banche non migliorerà le condizioni di questa proposta di rimborso».

Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’economia prima col governo Renzi e ora con quello Gentiloni, da tempo segue la crisi delle Popolari venete che potrebbe sfociare nella fusione ”fredda” tra i due istituti entro l’anno. Nel frattempo è partita l’offerta di transazione per i vecchi soci, ma numerosi azionisti sembrano coltivare la speranza che si possa avere un aumento del rimborso.
Onorevole Baretta, secondo lei c’è chi soffia sul fuoco alimentando false speranze?
«Non so i motivi di queste aspettative, posso solo ribadire che in caso di entrata nel capitale dello Stato, che io auspico sempre in minoranza, le condizioni dei rimborsi non cambieranno, ce lo impediscono le regole europee. Chi ingenera false speranze fa un danno agli azionisti stessi. La questione semmai va risolta sulla base di un negoziato, prima che intervenga lo Stato».
Azionisti disagiati e scavalcati non sono stati ancora rimborsati, perché?
«Credo vi siano problemi legati alla situazione che stiamo attraversando, ma ci sono delle priorità. Il rimborso delle persone più disagiate non può più aspettare. Va fatto adesso, proprio per dare un segnale che si è imboccata una strada diversa. Il piano di rimborso dovrà poi tener conto dei miglioramenti nella gestione della banca, ci deve essere un meccanismo per premiare i vecchi soci. Dobbiamo far capire che oggi il vero errore è andarsene dalla banca, togliere i conti correnti. Una banca senza correntisti non si salva».
Si parla di differenti vedute tra Bce e Commissione europea, sponda Direzione Competition. La fusione tra le due ex popolari potrebbe saltare?
«Io resto convinto che la fusione porti vantaggi al territorio ed economie di scala, l’Europa deve tener conto poi del contesto. Di sicuro una banca sul territorio forte è meglio di due divise e probabilmente più deboli».
Si dice che autonome possano essere cedute più facilmente...
«Il nostro problema non è una vendita più facile ma una vendita migliore. Chi compra la futura banca post fusione dovrà tener conto anche delle caratteristiche popolari della banca».
E questo tutelerebbe meglio l’occupazione?
«Certamente. La fusione determinerebbe una gestione migliore dell’occupazione perché la banca sarebbe più forte».
Atlante può essere ancora un attore del rilancio?
«Atlante ha salvato le banche dal fallimento e dal bail in, Nell’ipotesi del concorso di più soggetti al rilancio con Stato e risparmiatori può avere un suo ruolo».
A Bruxelles che aria tira?
«Siamo ancora in una fase di scambi iniziali, il piano di fusione non è ancora completato, tra le banche e le autorità europee c’è sempre un lavoro preliminare, un confronto normale, preventivo. Noi del governo di sicuro valuteremo il piano solo nella fase finale e ad oggi la domanda di intervento pubblico non è ancora avvenuta».
Non ha il timore che la ricapitalizzazione pubblica venga bollata come aiuto di Stato?
«Il decreto del governo è stato condiviso con la Commissione. Le banche vengono considerate rilanciabili, quindi non ci sono aiuti di Stato. In ogni caso l’intervento pubblico sarà a tempo».
Nel frattempo l’inchiesta su Vicenza langue.

«Mi auguro che la magistratura abbia gli strumenti per un intervento più efficace. Fa parte di quelle azioni atte a ristabilire un clima di fiducia».
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Il Gazzettino