Chi vive nelle quindici case fantasma di Moè di Laste si appella al ministro Federico D’Incà, rivendicando un riconoscimento ufficiale. Sì perché...
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LA VICENDA
Era il 22 agosto 1983 quando, in pieno giorno, un furioso incendio scoppiò al centro del villaggio distruggendo numerose abitazioni. I residenti vennero sfollati per anni, in attesa della riedificazione che avvenne per mano dello Stato su proposta dell’allora senatore rocchesano Dino Riva. Furono così realizzate quindici unità immobiliari - assegnate poi nel 1990 - inserite in sette distinti edifici (4 stabili da 2 abitazioni ciascuno, 2 da 3 e 1 individuale) che hanno il peccato originale di non aver rispettato i confini delle proprietà precedentemente esistenti. A mancare, semplificando, furono gli espropri e il nuovo accatastamento. Di fatto, quindi, la pubblica amministrazione non è mai diventata proprietaria dei terreni su cui ha costruito e al contempo gli assegnatari dei locali non coincidono con i proprietari dei terreni. Una situazione assolutamente confusa nei confronti della quale, a distanza di 36 anni, gli abitanti chiedono una risoluzione definitiva.
LE PROBLEMATICHE
Le problematiche che si presentano oggi a chi vive queste case sono chiare. I dubbi sulla proprietà futura dei mezzi frena tutti, ad esempio, a effettuare lavori di restauro o migliorìa. E senza un’assicurazione, in caso di danni, chi pagherebbe? Passi che la casa non è di proprietà, ma tutti i contenuti sì. «Dopo quasi 40 anni - affermano i cittadini - siamo qua senza avere nulla in mano. In questi anni a più riprese sindaci, esponenti regionali e nazionali hanno considerato la questione ma senza venirne a capo. Ora chiediamo un incontro al ministro bellunese Federico D’Incà». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino