Il padre che ha fatto causa ai figli: «Arrabbiato perché sono due ingrati»

Benito Gasparini
CONEGLIANO - «Figli irriconoscenti e ingrati: per questo li ho portati davanti al giudice». Si sfoga così Benito Gasparini, 80 anni compiuti a fine maggio, che ha chiesto un...

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CONEGLIANO - «Figli irriconoscenti e ingrati: per questo li ho portati davanti al giudice». Si sfoga così Benito Gasparini, 80 anni compiuti a fine maggio, che ha chiesto un piccolo aiuto economico ai familiari, non riuscendo più a pagare l’affitto, le bollette e a mettere insieme pasto e cena con i 600 euro di pensione. «Il maggiore ha 55 anni e vive a Meolo, il secondogenito 43 e abita a Mestre, con la madre - aggiunge - ma quando, dopo avergli dato tutto per una vita, sono stato io a chiedere aiuto, mi sono sentito rispondere picche. Eppure non chiedevo molto: 150 euro ogni due mesi». Un "contentino" che era stato stabilito davanti al giudice di pace nel 2009 ma che i due figli dal primo gennaio 2012 non gli versano più: Così, consigliato dal mio legale, ho chiesto giustizia». E ora un nuovo accordo sembra vicino.




Gasparini perché ha deciso di portare i figli davanti al giudice?

«Li ho allevati e gli ho dato tutto. Ma quando sono stato io ad avere bisogno mi hanno voltato le spalle. L’ingratitudine mi ha fatto arrabbiare e così mi sono rivolto all’avvocato Fabio Capraro: volevo sapere se la legge mi permetteva di fare qualcosa».



Come è finita?

«Nel 2009, davanti al giudice di pace, abbiamo trovato un accordo. Ciascun figlio, ogni due mesi, mi avrebbe aiutato con 150 euro. Tutto è filato liscio per un paio d’anni. Dal primo gennaio del 2012 non vedo più un euro».



Cosa ha fatto?

«Ho tagliato tutto. Adesso mi sposto in bicicletta. La macchina è da mesi in garage: la benzina costa troppo. Quando ho pagato i 300 euro d’affitto per la casa dove vivo in via Sauro a Conegliano, mi resta ben poco. Saldare le bollette di luce e gas e le tasse diventa un incubo».



Perché i figli non le danno più un euro?

«Non lo so. Dicono d’essere in cassa integrazione. Uno ha famiglia. Ma prove non ne ho. Ma è l’ingratitudine che mi ha fatto arrabbiare. Mi aspettavo una telefonata di spiegazione. Invece silenzio assoluto».



Gasparini ha mai pensato di ritirare la denuncia?

«Sì. A Natale si parlava di un invito a cena. Se fosse arrivato probabilmente avrei rinunciato a quei 150 euro. Invece non se ne fece nulla. Così sono andato avanti».



Adesso le cose come stanno?

«Nell’ultima udienza il giudice ha concesso un rinvio, chiesto dal mio legale, per verificare se ci sono le possibilità di trovare un accordo. Mi troverò a cena con i figli e ne discuteremo. Sarà l’occasione di rivederli e parlare, dopo anni di silenzio».



Accordo possibile?

«Il mio legale ne è convinto. Così potrò mettere una pietra sopra su questa vicenda. Sperando di avere qualche euro in più per sbarcare il lunario».



Quanti soldi ha in banca?

«L’ultimo estratto conto segnava un più 3 euro».



Le difficoltà le fanno paura?

«Per nulla. Sono nato a Treviso. Vivevo, con i 7 fratelli, in una casetta, prima a San Leonardo e poi a San Cipriano. Lavoravamo i campi e in casa non c’erano né luce né riscaldamento».



Poi cosa è cambiato?

«A 16 anni ho fatto il muratore. Poi la naia da bersagliere. A 24 anni mi sono sposato. Ho trovato lavoro alla Montedison di Porto Marghera. Abitavo a Mestre. Primo ho fatto lo spedizioniere e poi l’operaio specializzato, con mansioni di vigilanza. Sono rimasto alla Montedison per oltre 20 anni».



Una vita agiata?

«Non mi sono mai lamentato. Mia moglie è morta. Mi sono risposato e ho avuto due figli. Poi mi sono sposato altre due volte, l’ultima con una donna ucraina con rito ortodosso. L’ho seguita fino al suo Paese, convinto di finire con lei i miei giorni. Non è proprio andata».



Quando il ritorno in Italia?

«Qualche anno fa. Poi mi sono stabilito a Conegliano. Era la ventiquattresima volta che cambiavo casa. Ho abitato a Roncade, Quinto D’Altino, Mestre, Treviso e in tanti altri posti. Mi sento un po’ cittadino del mondo».



Benito come passa le giornate?


«Da pensionato. Ho fatto il nonno vigile in vari Comuni. A Conegliano non posso più farlo. Faccio dei lavoretti, ma soprattutto suono la chitarra e canto. Una passione che coltivo da quando ero giovane perché ho una bella voce. Ho pensato di guadagnare qualcosa esibendomi in strada. Ma nessuno mi da mai un euro. Così canto solo per divertirmi. Ma sarei molto più felice se avessi qualche soldo in più in tasca. E chi altri può darmelo se non i miei figli, il sangue del mio sangue?». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino