PADOVA - Sei cittadini nigeriani sono stati fermati dagli agenti della polizia di Stato di Ragusa, in collaborazione con i colleghi della Squadra mobile di Padova. Tre di loro...
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COME E' NATA L'INDAGINE
Il provvedimento restrittivo è stato emesso a conclusione di una complessa attività investigativa coordinata dalla Dda di Catania e avviata dalla Squadra mobile di Ragusa all'inizio del mese di giugno 2016, in seguito alle dichiarazioni rese da una cittadina nigeriana minorenne, Joy (nome di fantasia), giunta presso il porto di Pozzallo alla fine del mese di maggio del 2016. Joy, giunta in Sicilia al termine di un estenuante e pericoloso viaggio iniziato in Nigeria che l'aveva portata ad attraversare l'Africa settentrionale, affidata di volta in volta a connection men e a uomini armati, esposta al rischio di violenze sempre crescenti, aveva deciso di raggiungere l'Italia allettata dalla falsa promessa di un lavoro lecito i cui guadagni avrebbero aiutato la famiglia di origine. Giunta sul territorio nazionale era stata collocata in una struttura protetta in cui era stata, tuttavia, rintracciata da un connazionale che le aveva organizzato il viaggio e l'attendeva in Italia e che si è adoperato per prelevarla dalla struttura e acquisirne il controllo. La minore, cui era stata taciuta la propria destinazione alla prostituzione, avendo compreso che l'unico destino che l'aspettava era la strada, ha deciso di raccontare la propria storia.
I FERMATI
I fermati sono Mondey Idhen, di 37 anni, l'omonimo e coetaneo Godmin Idehen, e la moglie di quest'ultimo, Osazee Egbenayaliya, di 29 anni, ai quali è contestato il reato associazione per delinquere, tratta di connazionali, anche di minore età e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La coppia era destinataria anche di un mandato di cattura europeo, per lo stesso reato, emesso dal Belgio. Fermati anche Usas Harison, di 31 anni, indagato per la tratta di una minorenne; e Lucky Aiyeki, di 35 anni, e Nosa Uriah, di 25, accusati di spaccio di stupefacenti connesso al traffico di esseri umani. I sei sono stati fermati dalla polizia di Stato a Padova, su disposizione della Dda della Procura di Catania su indagini della squadra mobile di Ragusa. Il provvedimento è stato eseguito il 17 gennaio scorso, ma la notizia si è appresa soltanto dopo la convalida del Gip di Padova che ha emesso cinque ordinanze di custodia in carcere e disposto per la donna, per problemi familiari, gli arresti domiciliari.
A PADOVA IL GRUPPO DI NIGERIANI "TERMINALE" PER L'ITALIA
AL'inchiesta "Broken chains" (Catene spezzate) era stata avviata dopo l'arrivo a Pozzallo, nel Ragusano, nel maggio del 2016, di una migrante nigeriana minorenne che aveva rivelato di essere stata portata in Italia da un'organizzazione di trafficanti di essere umani con la promessa di un lavoro, ma che in realtà era destinata alla prostituzione su strada per "metterle a reddito". Intercettazioni e indagini hanno permesso di accertare che a Padova operava un gruppo di nigeriani che era il terminale per l'Italia e il Nord Europa di un'organizzazione internazionale che gestiva un traffico di esseri umani e di immigrazione clandestina. I guadagni, compresi quelli provenienti dal traffico di droga, venivano reinvestiti nell'arrivo di altre vittime che erano stoccate, come se fossero merce, in Libia, dove si trattava il prezzo per la loro partenza, e dove giovanissime e minorenni erano anche vittime di violenze sessuali.
RITI WOODOO E MINACCE
«Il ghanese chiede altri soldi, altrimenti le ragazze saranno cedute ad altre persone...». È la preoccupazione espressa dalla presunta organizzazione di nigeriani accusata di tratta di essere umani sul rischio che corrono nel perdere alcune delle loro vittime: giovanissime e minorenni nigeriane attratte in Italia dalla possibilità di lavorare, ma obbligate alla prostituzione su strada. I ricatti si basavano su riti Woodoo, e su minacce ai familiari rimasti in Nigeria o in attesa di partire. È quanto emerge da intercettazioni della squadra mobile della Questura di Ragusa. «Dobbiamo farle il rito Woodoo - dice un uomo ascoltato dalla polizia di Stato - la madre della ragazza non vuole pagare.
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Il Gazzettino