Intasca i 500 euro, ma niente prestazione: prostituta assolta

Prostituta assolta
PADOVA - Intascare i soldi della prestazione e sparire senza aver consumato il rapporto sessuale non è una condotta illecita. O quantomeno non prefigura il reato di truffa....

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PADOVA - Intascare i soldi della prestazione e sparire senza aver consumato il rapporto sessuale non è una condotta illecita. O quantomeno non prefigura il reato di truffa. É quanto stabilisce una recentissima sentenza del giudice padovano Elena Lazzarin che ha annullato un decreto penale di condanna assolvendo l’imputata, un’avvenente prostituta ungherese di 21 anni, addirittura con verdetto predibattimentale «perché il fatto non sussiste».

 
Basandosi su una serie di pronunce della Cassazione, il giudice per le indagini preliminari non ha ritenuto sussistenti i presupposti del raggiro in quanto mancherebbe la «natura ingiusta del profitto». Concordare una prestazione sessuale in cambio di denaro è un «patto di natura illecita che non prevede, codice civile alla mano, la ripetibilità dell’indebito in quanto contrario al buon costume».
Si può quindi procedere per truffa soltanto in presenza di un profitto ingiusto. Che nel caso della giovane ungherese non viene individuato in quanto «il suo perseguimento non può prescindere da una pretesa giuridicamente riconosciuta, in forma sia diretta che indiretta». 
LA SCUSA
È un verdetto che farà discutere e che può creare un pericoloso precedente. L’episodio è avvenuto a Padova nel marzo scorso. Agganciata sul marciapiede da un cliente occasionale, la ragazza era salita sull’auto dello sconosciuto. I due avevano concordato il prezzo della prestazione: 500 euro. La ragazza aveva subito preteso la consegna del denaro. L’uomo non aveva battuto ciglio e le aveva consegnato i soldi. Poi si erano avviati verso il luogo in cui avrebbe dovuto essere consumato il rapporto. Durante il tragitto la prostituta gli aveva chiesto di fermarsi e di accostare a lato della strada. Doveva soddisfare un bisogno corporale. Si era infilata in un bar ed era sparita. Trascorsa una decina di minuti, il cliente era andato a cercarla nel locale. Tutto inutile. Della ventunenne si erano perse le tracce. E con lei si era volatilizzato anche il corrispettivo della prestazione mai consumata. 
LA DENUNCIA
L’uomo era corso a denunciare l’accaduto ai carabinieri. Ed era toccato al pubblico ministero Sergio Dini aprire un’indagine per truffa. Per la Procura non c’erano dubbi sulla responsabilità dell’imputata. Il reato poteva essere comunque estinto con una pena pecuniaria, in sostituzione di quella detentiva. Due mesi di reclusione, ricalcolati in una multa di complessivi 4.560 euro. Il fascicolo è stato trasmesso al gip per l’emissione del decreto penale di condanna. Ma il giudice Lazzarin ha deciso diversamente assolvendo l’imputata «perché il fatto non sussiste».

Luca Ingegneri
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Il Gazzettino