La chef Pavin chiamata a Boston ma non potrà svelare i commensali

La chef Pavin chiamata a Boston ma non potrà svelare i commensali
GALLIERA VENETA - «Ho detto di no. L'Italia è in crisi, dobbiamo rimanere qui e promuovere a casa nostra le molte eccellenze che abbiamo soprattutto perchè se ce ne...

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GALLIERA VENETA - «Ho detto di no. L'Italia è in crisi, dobbiamo rimanere qui e promuovere a casa nostra le molte eccellenze che abbiamo soprattutto perchè se ce ne andassimo i nostri figli che avvenire avrebbero?». Questa la motivazione con la quale Lucia Pavin, chef e titolare del ristorante al Palazzino di Galliera Veneta da 51 anni ai fornelli, ha rinunciato all'offerta fatta da Paolo Celeste direttore dell'Istituto per il commercio estero di New York tramite di un importantissimo finanziatore americano, ossia, portare il suo locale sulla 5. Strada della Grande Mela. Farebbero i salti mortali in tanti. Lei ha ringraziato declinando la proposta. Questo pochi mesi fa. Ieri invece è decollata assieme alla figlia Nancy per Boston. Vi rimarrà una decina di giorni per preparare tre cene di gala: al Carnegy Abbey Club, in un'abitazione privata ed in un altro club per il quale ha firmato un patto di riservatezza, cioè non potrà scattare foto, nè rivelare chi erano i commensali. Prevedibile che ci saranno alte personalità americane, forse addirittura Obama.


«Una grande soddisfazione professionale personale, di mia figlia che si occupa della pasticceria, ma anche del Made in Italy perchè utilizzo prodotti dell'eccellenza italiana a cominciare da quelli del nostro territorio».


I menù sono top secret anche se una parte è lasciata all'ispirazione. Non mancherà "l'Ovetto", piatto del quale ha registrato la ricetta e che è molto copiato. «Desidero portare alto il nome dell'Italia come avvenuto l'anno scorso con il galà alla biblioteca di Boston per 450 persone». Al Palazzino dove collabora anche il figlio Alessandro, avvocato, arrivano da mezzo mondo. La mamma cuoca, lei a scuola da Gualtiero Marchesi, Roger Verger e Paul Bocuse, un'attenzione estrema alla qualità delle materie prime molte delle quali prodotte da lei altre con la filiera controllata. Sempre con il sorriso, quello che trasmette ai commensali attraverso le sue creazioni. «Il mio è il lavoro più bello del mondo, rendi felici le persone a tavola. Non mi sento arrivata, si cresce e si impara sempre, anche dai giovani».

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Il Gazzettino