Pronto soccorso in crisi: gli spazi non bastano più

L'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone
PORDENONE - In una delle pieghe della stessa circolare ministeriale che chiede al Friuli Venezia Giulia di dotarsi di altri 55 letti di Terapia intensiva dedicati al Covid,...

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PORDENONE - In una delle pieghe della stessa circolare ministeriale che chiede al Friuli Venezia Giulia di dotarsi di altri 55 letti di Terapia intensiva dedicati al Covid, c'è una disposizione che rischia di mandare in tilt i reparti cruciali per la prima linea di guerriglia al Coronavirus: quelli di Pronto soccorso. E su questo fronte ad essere maggiormente penalizzata sarebbe ancora una volta la provincia di Pordenone, con l'accento posto sugli ospedali del capoluogo e di San Vito al Tagliamento. Il ministero della Salute, infatti, chiede che in ogni regione i reparti di Pronto soccorso non siano solo gestiti garantendo il distanziamento dei pazienti in entrata, soprattutto attraverso il mantenimento di percorsi separati, ma impone di fatto una trasformazione radicale degli spazi stessi all'interno delle accettazioni. E con strutture già limitate prima della pandemia, la sfida rischia di mettere in crisi il sistema dell'accoglienza in ospedale. 

IL NODO
«Per far fronte alle successive fasi dell'emergenza, dovranno essere riorganizzati e ristrutturati i Pronto soccorso con l'obiettivo prioritario di separare i percorsi e creare aree di permanenza dei pazienti in attesa di diagnosi che garantiscano i criteri di separazione e sicurezza», recita un paragrafo della circolare ministeriale. E ancora: «Il tempo di permanenza in attesa di ricovero deve essere ridotto al minimo, anche in considerazione alle esigenze di distanziamento tra i pazienti durante le procedure diagnostico-terapeutiche, al fine di evitare il sovraffollamento e di non provocare rallentamento o ritardi della gestione della fase pre-ospedaliera del soccorso sanitario». Infine il passaggio cruciale: «In Pronto soccorso devono essere previsti ambienti per l'isolamento e il biocontenimento dei pazienti, con sale appositamente dedicate, anche in ambito pediatrico». In sostanza, ecco tutto ciò che dovrà essere messo a punto: aree di pre-triage distinte; un'area di attesa e un ambulatorio dedicati a sospetti Covid-19 o potenzialmente contagiosi in attesa di diagnosi; una zona dedicata per soggetti in attesa di esito tampone; un percorso specificatamente individuato per il paziente Covid-19; accesso diretto e percorsi dedicati di mezzi di soccorso a spazi di attesa sospetti barellati; una diagnostica radiologica dedicata. 
I PROBLEMI

Il pre-triage esiste dai giorni precedenti rispetto alla vera esplosione del contagio, ma l'individuazione di aree per l'isolamento definitive, ambulatori e zone (diverse) per chi è in attesa del tampone cozza contro le possibilità attuali dei reparti di Pronto soccorso della provincia di Pordenone, che sono piccoli (per rispettare le nuove consegne) e soprattutto vecchi. Da Roma arriveranno soldi freschi, quelli contenuti nel decreto rilancio, per riuscire a stare al passo. Ma il rischio è che in provincia la riorganizzazione dei reparti di Pronto soccorso la si debba vivere con soluzioni d'emergenza, e non con una vera rivoluzione degli spazi in chiave futura. Almeno sino a quando il nuovo ospedale di Pordenone non sarà diventato un edificio frequentabile. Proprio al Santa Maria degli Angeli, ad esempio, si starebbe pensando all'allestimento di container per l'isolamento dei sospetti, mentre a San Vito la chiave di volta potrebbe essere rappresentata dall'accelerazione verso il terzo lotto di lavori, che comprende proprio gli spazi del Pronto soccorso. Va leggermente meglio a Spilimbergo, dove il basso numero di accessi consentirebbe un adeguamento soft. Ma nei due poli più importanti si è rimasti spiazzati. 
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Il Gazzettino