VENEZIA - Ha scritto una lettera ai figli per scusarsi, per spiegare loro il motivo del suo gesto, dovuto ad «una situazione insostenibile». Prima di accoltellare a...
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È stato il peso di questi pensieri, di questo dolore troppo grande, ad armare la mano dell’anziano di un coltello a serramanico, dalla lama lunga nove centimetri, con la quale ha colpito a morte l’amata moglie con due fendenti. Un gesto liberatorio per la donna, prima ancora che per lui: l’ottantunenne probabilmente stava già dormendo. Nessuno dei vicini, infatti, ha sentito rumori o urla.
IL PIANO DISPERATO
I primi accertamenti medico legali collocano la data del decesso attorno alle 22 di giovedì: il corpo senza vita di Licia Zambon è stato rinvenuto la mattina seguente, poco dopo le 10, dalla badante della donna, la quale ha trovato all’esterno della porta dell’abitazione un cartello con cui si ammoniva: “Non entrate, chiamate i carabinieri”.
Renato Berta è dunque rimasto vicino al cadavere della moglie per tutta la notte: non è possibile sapere se abbia ingerito subito gli psicofarmaci o abbia atteso un po’ di tempo prima di farlo. Gli uomini della Squadra mobile di Venezia, intervenuti nell’appartamento di castello assieme ai colleghi delle Volanti, hanno cercato di farselo raccontare, ma le condizioni dell’anziano non hanno consentito loro di raccogliere alcuna dichiarazione.
Sarà l’autopsia a fornire informazioni più precise su orari, modalità dell’omicidio e cause del decesso: il sostituto procuratore che coordina le indagini, Paola Tonini ha incaricato ieri l’anatomopatologo Cristina Mazzarollo, la quale eseguirà gli esami nella giornata di lunedì.
«L’UNICA POSSIBILITÀ»
Nel frattempo la lettera lasciata sul tavolo da Renato Berta è stata analizzata dagli inquirenti, secondo i quali non vi sarebbero dubbi sulla dinamica e sulle motivazioni del gesto. Sul fronte giudiziario, insomma, il caso sembra delineato con precisione. «È l’unica possibilità», ha scritto l’anziano per giustificarsi con i figli, che sono sempre stati vicini a lui e alla madre, cercando di seguirli e di aiutarli come meglio potevano. L’ottantacinquenne ha lasciato precise istruzioni, chiedendo di essere cremato assieme alla moglie e pregando che le loro ceneri fossero collocate nella stessa urna, per continuare a restare assieme dopo 50 anni di matrimonio. L’anziano, però, non era sicuro di riuscire a portare a termine il suo piano e così ha precisato che, nel caso in cui non fosse riuscito a sua volta a morire, «la giustizia farà il suo corso».
L’ACCUSA
La Procura accusa Renato Berta di omicidio volontario, con l’aggravante del vincolo di parentela, ma senza la premeditazione. L’anziano si trova ricoverato in ospedale, agli arresti domiciliari, in attesa di essere ascoltato dal giudice per le indagini preliminari di Venezia, Marta Paccagnella.
I residenti della zona sono tutti sconvolti: la coppia viene ricordata da tutti come tranquilla ed educata. Lui ex dipendente comunale, lei casalinga. Nell’ultimo periodo i vicini hanno riferito di liti più frequenti tra i due, con urla che si sentivano provenire sempre più spesso dalla loro abitazione. Molto probabilmente il risultato della malattia della donna che peggiorava con il passare del tempo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino