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MESTRE - Gli inquirenti non credono che a fare da miccia all’omicidio sia stato un tentativo di furto. Anzi, qualcuno potrebbe aver aperto la porta a Lorenzo Nardelli perché lo aspettava. L’ipotesi sulla quale si stanno muovendo con maggior insistenza procura e squadra Mobile di Venezia, è che nel condominio Bandiera in via Rampa Cavalcavia 9, a Mestre, dov’è stato ucciso, e soprattutto nell’appartamento dove stavano cenando i cugini Radu e Marin Rusu, 32 e 35 anni, moldavi, operai edili, il ragazzo di Salzano non sia andato per rubare. Lo dice la storia del 32enne a cui mercoledì sera, poco prima delle 23, è stato sfondato il cranio a mani nude nell’ascensore del palazzo: nel suo casellario giudiziale non compare nemmeno una denuncia per furto. Lo dice anche il sopralluogo degli inquirenti nell’appartamento: una sorta di tugurio dove nulla c’era da portare via. E lo dicono le circostanze dei fatti, che adesso dovranno essere passate sotto la lente d’ingrandimento dell’inchiesta per omicidio aperta dal sostituto procuratore Stefano Buccini: se Nardelli avesse voluto rubare, perché entrare in un appartamento con la porta aperta attraverso la quale si capiva che non era vuoto, soprattutto per il volume alto della televisione? E se anche fosse, è ingiustificabile la reazione violenta dei cugini Rusu verso una persona entrata sì nel loro appartamento, ma senza alcuna volontà di fare del male, che poi stava scappando. In più c’è il giallo delle chiavi dell’auto di Nardelli, sparite secondo l’avvocato di famiglia. E ora ci si domanda se l’urlo «Dammi le chiavi», sentito da alcuni residenti dello stabile attorno alle 23 di mercoledì notte, potesse riferirsi a questo.
TUTTE BUGIE
In una storia che ha ancora molti lati oscuri, gli inquirenti procedono con la tecnica del contrasto, partendo dalle dichiarazioni dei due cugini.
UN APPUNTAMENTO?
Se la storia del colpo in casa fa acqua da tutte le parti, resta in piedi l’ipotesi per la quale Lorenzo Nardelli avesse avuto una ragione precisa per andare nel palazzo e in quell’appartamento. Possibile che lui e i suoi assassini non si conoscessero, ma che avessero una conoscenza in comune che possa averli messi in qualche modo in contatto tra loro, o anche organizzato l’incontro di mercoledì sera. Poi sfociato nel sangue. La risposta a questo punto non chiaro arriverà dall’analisi dei cellulari della vittima e di Radu e Marin Rusu: gli smartphone sono stati sequestrati e finiranno al centro di una perizia tecnica per evidenziare eventuali contatti tra i tre o l’organizzazione, con altri, dell’incontro di quella sera. Sotto sequestro è finito altro materiale trovato nella case dove Radu vive con la madre e il patrigno, e dove aveva invitato il cugino per passare la serata: appartamento nel quale non è stata trovata però traccia di droga.
IN PROCURA
Stamattina intanto l’inchiesta attraverserà due snodi cruciali: alle 8.30 verrà eseguita l’autopsia sul corpo di Lorenzo Nardelli mentre poco dopo, attorno alle 10, nel carcere di Santa Maria Maggiore (dove si trovano da giovedì mattina) i cugini Rusu affronteranno l’udienza di convalida dell’arresto. Il loro avvocato, il penalista Jacopo Trevisan, punterà sulla legittima difesa. La procura, nella capo d’imputazione, parla di colpi di “efferata violenza e crudeltà”.
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Il Gazzettino