Najima Romani da ieri sera è nel carcere di Trieste. La Procura di Pordenone ha ottenuto dal gip Rodolfo Piccin l'aggravamento della misura cautelare. A spazzar via gli...
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L'ultimo episodio a contrariare la Procura di Pordenone è stato l'atteggiamento che ha avuto durante la perquisizione effettuata martedì mattina dalla Dia di Trieste, intervenuta nell'ambito del filone d'inchiesta sulle estorsioni di stampo mafioso contestate a Gaiatto e al clan di Casalesi. Un atteggiamento considerato ostile e che sommato ad altri episodi ha fatto scattare da parte del pm Monica Carraturo la richiesta di aggravamento della misura cautelare firmata ieri dal gip Rodolfo Piccin.
È già da qualche settimana che gli uomini della Guardia di Finanza di Portogruaro avevano scoperto che la Romani stava ignorando le prescrizioni. L'avevano perquisita sequestrandole l'iPad che usava per navigare su internet. È attraverso l'iPad che avrebbe fatto acquisti on line usando una carta di credito bulgara intestata al marito. Avrebbe utilizzato anche un profilo Facebook fasullo, dove figura come con il soprannone di Anna Baldi. Ma la cosa più grave sono i contatti avuti con un'amica in chat. Si è trattato di uno sfogo, dove spiegava che il tracollo della Venice è tutta colpa della commercialista croata. Il fatto è che non poteva parlare con nessuno al di fuori dei suoi due bambini, della suocera o del suo legale.
La Procura ritiene che il suo ruolo all'interno della Venice Investment Group non sia affatto marginale. Associazione per delinquere, truffae autoriciclaggio sono le imputazioni per le quali sarà chiamata a rispondere. Lo stesso Tribunale del Riesame la considera la «interlocutrice privilegiata» a cui Gaiatto, dal carcere, si rivolge attraverso la madre. Finora, come ha fatto il compagno di vita, non ha mai parlato con gli investigatori. Non una parola sul business della Venice, sui beni e sui conti all'estero. Eppure a casa le hanno appena trovato otto carte di credito. Porteranno gli inquirenti al tesoro nascosto di Gaiatto?
Molto dicono su di lei anche le intercettazioni fatte in carcere durante i colloqui tra Gaiatto e la madre. L'uomo aveva detto alla madre che dopo la perquisizione della Finanza, nel marzo 2016, voleva lasciare l'Italia con Najima e figli. «Non siamo andati via - le spiega - perchè aspettavo i soldi di quella russa, quei 50 milioni che dovevo investire... io pensavo sempre a quella russa che doveva portare i soldi... perchè se no sarei già sarei andato via sei mesi prima se li avevo tutti quanti». Il 19 settembre era convinto di ottenere i domiciliari e di ricominciare l'attività di trading usando il nome della madre, nel frattempo dava indicazioni alla donna affinchè riferisse alla Romani di sistemare alcuni immobili della società Studio Holding doo, di cui la 31enne è amministratrice, che non erano stati ancora sequestrati. Avrebbe dovuto chiamare il commercialista («Subito, sennò ti portano via tutto») con una scheda telefonica pulita. «Bisogna essere bravi», aveva detto riferendosi alla creazione di una mail nuova («Non quella di Najima») e al divieto di usare il wi-fi di casa. Per telefonino e sim card non intestata suggeriva di rivolgersi a Giovanni o Franco, individuati dagli inquirenti come due rappresentanti del clan dei Casalesi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino