La “mozzarella” di Venezia fatta in Austria e venduta dai cinesi: «Adesso basta»

La “mozzarella” di Venezia fatta in Austria e venduta dai cinesi
VENEZIA - Una veduta del Canal Grande, con una gondola davanti al Ponte di Rialto, fra il Palazzo dei Camerlenghi e il Fontego dei Tedeschi. È l’immagine di Venezia...

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VENEZIA - Una veduta del Canal Grande, con una gondola davanti al Ponte di Rialto, fra il Palazzo dei Camerlenghi e il Fontego dei Tedeschi. È l’immagine di Venezia che, insieme alla Torre di Pisa, campeggia sulle confezioni di “European mozzarella cheese”: fettine di formaggio lavorato, realizzate in Austria e distribuite dalla Cina, ma che evidentemente ricorrono al cosiddetto “Italian sounding” per ragioni di attrattività commerciale. «Accostare i simboli del Veneto a prodotti di dubbia provenienza è un fatto grave, che si aggiunge all’ennesimo affronto alle eccellenze agroalimentari italiane», sbotta il consigliere regionale Tommaso Razzolini (Fratelli d’Italia), annunciando una segnalazione al ministero dell’Agricoltura su un articolo ben lontano dalle tipiche forme tonde a pasta molle, al punto che i suoi ingredienti sono gli stessi utilizzati dalle medesime aziende per richiamare altre varietà europee.


LA DENOMINAZIONE
Va premesso che la mozzarella non è una Dop o una Igp, cioè non è legata a una specifica zona di origine. Quel formaggio può fregiarsi della sigla Stg (Specialità tradizionale garantita) se viene prodotto nell’Unione europea rispettando il disciplinare di produzione tradizionale, altrimenti può comunque essere usata la denominazione “mozzarella”, senza però aggiungere la menzione comunitaria. Nel caso in questione, l’Europa è richiamata nel nome delle “sottilette” vendute con il marchio Suki dall’impresa GaoFu Foods di Shanghai, che nei suoi canali vanta «18 anni di esperienza nel settore dell’importazione alimentare», nonché «12 fornitori da 8 Paesi» (fra i quali non c’è l’Italia), «145 articoli» lattiero-caseari in catalogo e «604 negozi al dettaglio» serviti. Pubblicizzato sul web, il formaggio viene presentato così: «Confezionato singolarmente, sicuro e igienico. Può essere consumato liscio o con frutta, o trasformato in panini. Delicato, nutriente e cremoso». Gli ingredienti sono «formaggio (ma la mozzarella non è citata, ndr.), acqua, burro, polvere di latte scremato, proteina del latte, siero di latte», più citrato di sodio, fosfato di sodio e polifosfati. Sono gli stessi di quelli indicati sulle confezioni di altri “European cheese” per i quali vengono utilizzate le rispettive immagini da cartolina: il Tower Bridge per l’inglese “Cheddar”, i mulini a vento per l’olandese “Gouda”, le montagne per lo svizzero “Emmental”. Le bellezze veneziane servono invece a evocare l’italianità della presunta “Mozzarella” che, secondo l’app anti-contraffazione Authentico, è stata avvistata in «Cina, Stati Uniti, Canada, Brasile, Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Russia, Giappone, Australia».


L’AGROALIMENTARE


Razzolini va all’attacco: «Monumenti riconoscibili da chiunque, usati per vendere una mozzarella alquanto discutibile. La fantomatica “mozzarella europea” è formata da più sottilette che sarebbero state prodotte, stando alla confezione, in Austria da un’azienda con sede in Cina. A farne le spese questa volta è il lattiero caseario, ma chi sarà il prossimo? È tempo di dire basta. L’impegno nelle sedi opportune sarà massimo». Secondo le stime di Coldiretti, il falso made in Italy nel comparto agroalimentare vale 120 miliardi a livello globale. «Per colpa dell’Italian sounding, nel mondo oltre due prodotti agroalimentari italiani su tre sono falsi, senza alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese», denuncia l’associazione di categoria. Gli esempi sono innumerevoli, dal “Parmesan” che occhieggia al Parmigiano, al “Fontiago” come improbabile combinazione tra Fontina e Asiago, per non dire del falso Prosecco, la denominazione più imitata fra “Meersecco”, “Kressecco”, “Semisecco”, “Consecco”, “Perisecco” e “Whitesecco”, una serie di falsi che hanno esacerbato il dibattito sul Prošek. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino