Moda, chiudono 40 aziende: «Strangolate dai laboratori cinesi»

foto di repertorio
TREVISO - Quaranta aziende artigiane di moda entro la fine del 2019 nella sola provincia di Treviso chiuderanno i battenti. Pari al 5% del comparto. Un danno pesantissimo che ha...

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TREVISO - Quaranta aziende artigiane di moda entro la fine del 2019 nella sola provincia di Treviso chiuderanno i battenti. Pari al 5% del comparto. Un danno pesantissimo che ha tra le cause principali la concorrenza, spesso sleale. Ci sono infatti quattro laboratori irregolari made in Cina ogni tremila abitanti che possono permettersi prezzi di molto inferiori agli artigiani trevigiani. E gli imprenditori italiani che restano senza lavoro si riconvertono come controllo qualità per le aziende cinesi. E' Giuliano Secco, presidente Federazione Moda Confartigianato Veneto a lanciare l'allarme. «Parliamo tanto di caporalato in agricoltura, ma dimentichiamo quello ben più esteso nel settore della moda: i laboratori cinesi con dipendenti irregolari sottopagati stanno strangolando gli artigiani del territorio. Nell'indifferenza generale». 

AL CAPOLINEAIeri al seminario di Confartigianato Moda si è parlato anzitutto dei costi sociali della filiera. Un caso emblematico riguarda proprio la provincia di Treviso, che vede particolarmente inasprite le dinamiche nazionali. Quaranta aziende al capolinea entro al fine dell'anno è un dato che preoccupa e racconta un fenomeno pesante, che però pare quasi irreversibile. «Il dato trevigiano deve far riflettere: abbiamo 4 laboratori irregolari gestiti da cinesi ogni 3000 abitanti. Il nostro settore, comparto artigianato moda, precipita nell'indifferenza generale. Per questo noi chiediamo in Veneto una legge regionale analoga a quella varata dalla regione Toscana per arginare l'illegalità del distretto di Prato». 
Secco spiega anche perchè i laboratori irregolari continuino a moltiplicarsi. «Hanno lavoro. Quando la committenza si rivolge a noi, sa che un'ora di lavoro deve essere pagata una media di 24 euro. Loro trattano, cercano di farci scendere: ma scendere nella legalità non è possibile. Il minimo sindacale per la manodopera è 16 euro poi ci sono i materiali. Sa cosa ci sentiamo rispondere? Ok non se ne fa niente vado nel laboratorio in cui mi fanno 14 euro». La cosa più grave, spiegano in Confcommercio è che chi compete con gli artigiani del manifatturiero per le commesse spesso non è cinese, ma un artigiano veneto che ha dovuto chiudere e per sopravvivere si occupa di retail e controllo qualità. In pratica fa concorrenza pur di sopravvivere. «Vorrei alche sollevare il problema del marchio. Questi laboratori si strutturano in Italia, hanno un know-how di livello e arrivano a fregiarsi del marchio made in Italy. Ma è un illecito». 
IL SOMMERSOUn mercato sommerso che frutta moltissimo denaro nella nostra regione. Perchè il Veneto è protagonista della moda italiana. E la provincia di Treviso è tra le realtà trainanti. A livello regionale, siamo terzi in Italia, dopo Lombardia e Toscana. Treviso, con le sue 1000 aziende, è la seconda provincia del Veneto, dopo Vicenza e vanta un export di 2,4 miliardi. Ma il sommerso vale tantissimo, sempre di più. «I lavoratori irregolari vengono pagati in media quasi 10 euro in meno all'ora rispetto a chi è in regola. Circa otto euro contro i 18 di un dipendente con contratto». Tra laboratori illegali e contraffazione, il mercato erode circa 80 mila posti di lavoro sul suolo nazionale. «Produzione illegale e contraffazione sono due facce della stessa medaglia-riflette il presidente- In Italia è difficile parlare di filiera della moda senza parlare di malavita. Perchè a differenza del mercato delle armi o della droga, le associazioni criminali sono garantite dal fatto di incorrere in semplici sanzioni amministrative». Ma una grande responsabilità per fare la differenza e invertire il trend ce l'ha il consumatore. 

Per questo Confcommercio promuove la cultura della legalità nel settore moda con conferenze, incontri, spettacoli. «Sostenibilità non vuol dire solo valore ambientale. Grande peso ha anche quello sociale. I ragazzi devono sapere che un paio di pantaloni a 5 euro significano, da qualche parte, la sofferenza di qualcuno». Ma anche la chiusura di aziende italiane. «Lo dico sempre: quando acquistate abiti a poco prezzo e alimentate il fast fashion, senza saperlo potreste essere la causa del fallimento del laboratorio artigiano del vostro vicino di casa». Sul fronte normativo gli artigiani della moda invocano una legge contro il caporalato manifatturiero. «In Toscana l'hanno fatto. In Veneto non c'è. Bisogna andare sul penale e alzare le sanzioni». La richiesta che emerge dal tavolo della manifattura legata al comparto moda della Marca è dunque di estendere la buona pratica adottata a Prato con l'applicazione dell'articolo 603 bis del codice penale introdotto nell'ottobre 2016 con la legge 199 che ha riscritto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. 


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Il Gazzettino