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Sono (o sono stati) tutti minori non accompagnati. Hanno dai 16 ai 20 anni e, fino a pochi giorni fa, non avevano mai sgarrato (non fino a questo punto, almeno): tutti inseriti in vari percorsi di introduzione al lavoro. Tirocini da elettricista, da artigiano, da muratore: le basi per iniziare a costruirsi una vita dopo un inizio decisamente difficile. Poi, in poche settimane, il blackout: uno sgarro subito da un gruppo rivale e l’agguato per vendicare l’onta davanti a tutti, in Riviera XX Settembre, in un assurdo lunedì sera di follia. Nasce così, in sintesi, il gruppo di giovanissimi albanesi che, una settimana fa, ha mandato all’ospedale con 17 punti di sutura in testa un 19enne veneziano, aggredendolo a calci, pugni e bastonate. Le loro sono storie note. Li ha cresciuti praticamente il Comune, da quando sono arrivati in Italia, da soli, come minori non accompagnati. Qualche testa calda tra loro c’è sempre stata, a dir la verità, ma la maggior parte di quei ragazzini finora aveva rigato dritto: scuola, stage e qualche serata in compagnia, proprio come tanti loro coetanei. La scintilla è scattata con l’agguato di un paio di settimane fa a uno di loro in corso del Popolo. L’aggressione, su cui stanno indagando polizia locale e commissariato di Mestre, sarebbe stata organizzata da un gruppo di giovanissimi veneziani. Gli stessi, stando alle indagini della polizia locale, protagonisti della maxi rissa del 12 dicembre in campo Bella Vienna. E qui tornano le origini del gruppo di albanesi-mestrini. I ragazzi, infatti, provengono tutti da una piccola regione sulle montagne dell’Albania. Una regione in cui le faide tra clan familiari sono all’ordine del giorno. Un contesto simile a quello delle guerre di mafia siciliane di trent’anni fa, in cui questi ragazzi sono nati e cresciuti. Un contesto in cui il concetto d’onore è ancora una priorità assoluta, in cui uno sgarbo al clan deve essere vendicato con il sangue. Ad azione, quindi, è corrisposta una reazione atavica: non appena hanno visto uno di quella banda in Riviera XX Settembre non ci hanno messo molto a organizzare la spedizione punitiva. Questo gruppo ha sempre frequentato il centro di Mestre, integrandosi anche con altri coetanei: moldavi, tunisini, croati, ma anche tanti italiani. Tanti, a quanto si è capito, con situazioni problematiche alle spalle. Non, insomma, le classiche buone compagnie. I luoghi di ritrovo sono sempre gli stessi: Riviera XX Settembre, colonna della Sortita, M9. Su di loro sta indagando la polizia locale: gli uomini del reparto operativo stanno procedendo all’identificazione di tutti i presenti all’agguato, anche grazie all’aiuto delle telecamere.
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Il Gazzettino