MESTRE - C’è anche un "mestrino" fra i 95 destinatari delle misure cautelari emesse dal gip di Palermo su richiesta della direzione distrettuale antimafia della stessa...
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Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, riciclaggio, usura sono i reati contestati anche a u’ picciriddu, al secolo Vito Galatolo, 40 anni, figlio del boss Vincenzo, capo indiscusso del clan Acquasanta/Arenella alleato dei corleonesi di Totò Riina, in affari con i Madonia, condannato all’ergastolo per l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e coinvolto nell’attentato fallito all’Addaura contro Giovanni Falcone.
Galatolo jr scarcerato nel settembre 2012 e colpito da divieto di dimora a Palermo, è "salito" al Nord pochi mesi dopo, trasferendosi a Mestre con moglie e tre figli, trovando lavoro come operaio manutentore in un’azienda del Tronchetto, in regime di sorvegliato speciale.
Ed è qui, nel suo appartamento al quinto piano di un condominio di via San Pio X, a due passi da Piazza Ferretto, in pieno centro, che alle quattro del mattino hanno fatto irruzione i finanzieri del Gico di Venezia in supporto ai colleghi del Nucleo di Polizia Valutaria di Palermo, arrestando "u picciriddu" che secondo gli inquirenti ha ripreso e mantenuto fino a oggi quello che era già stato il suo ruolo in seno a Cosa Nostra, anche dal Veneto.
Ovvero il riciclaggio del denaro della "cassa" della cosca: tra i metodi utilizzati quello di impiegare oltre 600mila euro di proventi illeciti giocandoli in scommesse calcistiche, ripulendone, mediante le relative vincite almeno 590mila. Al termine della perquisizione domiciliare, il fotosegnalamento e l’accompagnamento nel carcere di massima sicurezza di Padova dove è stato rinchiuso in isolamento. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino