Processo Casalesi, la difesa di Donadio: «Mafia? No, un teorema suggerito dai giornalisti. Eraclea non è Casal di Principe»

Processo Casalesi, la difesa di Donadio: «Mafia? No, un teorema suggerito dai giornalisti. Eraclea non è Casal di Principe»
MESTRE - «Eraclea non è Casal di Principe e Luciano Donadio non è un boss della camorra». Gli avvocati Renato Alberini e Giovanni Gentilini hanno...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

MESTRE - «Eraclea non è Casal di Principe e Luciano Donadio non è un boss della camorra». Gli avvocati Renato Alberini e Giovanni Gentilini hanno arringato tutto il giorno, ieri, in aula bunker a Mestre, per cercare di smontare la ricostruzione della pubblica accusa che, la scorsa settimana, ha chiesto 30 anni di reclusione per l'uomo accusato di aver capeggiato un'organizzazione di stampo mafioso operante nel Veneto orientale per 20 anni, tra il 1999 e il 2019. I due legali hanno aperto le udienze dedicate alla difesa affrontando proprio la questione più delicata, la sussistenza dell'articolo 416 bis, su cui parleranno anche oggi; successivamente saranno trattate le singole posizioni dei 46 imputati, per i quali i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini hanno chiesto condanne per complessivi 452 anni di carcere.

L'ASSOCIAZIONE MAFIOSA

L'esistenza di un'associazione per delinquere di stampo mafioso è stata accertata con la sentenza della Cassazione, diventata definitiva pochi giorni fa, relativa alla prima tranche del processo, celebrato con rito abbreviato. Ma l'avvocato Alberini ha ricordato che il Tribunale non è vincolato ad uniformarsi dopo un dibattimento che ha smentito alcune delle tesi accusatorie. Eloquenti a tal fine, secondo il legale, sono state le deposizioni dei vari prefetti di Venezia, ma anche di un ex sindaco di Eraclea, del tutto estraneo alle infiltrazioni mafiose, Giorgio Talon: «Tutti hanno dichiarato di non aver mai saputo dell'esistenza dei casalesi prima degli arresti del 2019, ma ciò non è compatibile con l'organizzazione che, secondo i pm, ha soggiogato il territorio, con minacce e violenze, incutendo paura e inducendo una diffusa omertà. In realtà non c'era camorra ad Eraclea», ha concluso il legale di Donadio.
«Confrontando la struttura di una vera organizzazione camorristica descritta nelle principali sentenze, con quella contestata al presunto clan di Eraclea, risulta con tutta evidenza che quello di Donadio non ha nulla di mafioso», ha ribadito l'avvocato Gentilini.
Alberini ha poi attaccato la Procura per «l'anomala» modalità con cui le indagini sono state trascinate per 20 anni (tra apertura, chiusura e riapertura di vari fascicoli) senza mai fermare Donadio, lasciando che tornasse in libertà dopo il primo arresto per usura e consentendogli così di commettere una lunga serie di asseriti reati.

L'INFORMAZIONE

Il difensore ha poi concentrato l'attenzione sull'informazione per l'abnorme «attenzione mediatica» riservata ai presunti casalesi di Eraclea: una «stampa morbosa che ha alimentato l'attenzione su queste vicende», non limitandosi a fare cronaca, ma «entrando a gamba tesa e invasioni di campo» nei fatti oggetto di accertamento da parte degli inquirenti.
«L'impressione è che si sia partiti da una tesi da dimostrare a tutti i costi», ha sostenuto Alberini, citando i fuochi d'artificio fatti esplodere dopo la scarcerazione del boss, ma anche l'impegno di Donadio per finanziare la sagra di paese e la squadra di calcio del paese: «Episodi che con la mafia non hanno nulla a che vedere», valorizzati da una serie di «professionisti dell'antimafia». Tra questi ha citato anche un giornalista de Il Gazzettino, Maurizio Dianese, presidente del Centro di documentazione ed inchiesta sulla criminalità organizzata del Veneto (il primo a scrivere articoli sul clan di Donadio, più di 10 anni fa), ma anche l'ex prefetto Vittorio Zappalorto (definito «paladino antimafioso... che forse era in cerca di visibilità per altro incarico» quando chiese lo scioglimento del comune di Eraclea, negato dalla ministra Lamorgese), parlamentari come l'ex deputato Pd, Nicola Pellicani, e componenti di varie associazioni che hanno organizzato manifestazioni e dibattiti su Donadio tornato in libertà. «Si è messo in moto un circolo vizioso: la mafia ad Eraclea c'è perché lo dice il giornalista», con il risultato di «una stampa che condiziona l'opinione pubblica», creando una forte pressione attorno al processo, con il rischio di far mancare la necessaria serenità a chi è chiamato a giudicare.

UNA VITA SOTTO PROCESSO

«Non ho mai visto un'iniziativa giudiziaria con un tale spiegamento di forze e di risorse impegnate a ricostruire l'intera vita di un uomo - ha dichiarato l'avvocato Gentilini - Un processo inaffrontabile, un'impresa impossibile per la difesa».


Per finire Alberini ha attaccato enti pubblici e sindacati costituti parte civile al processo: «Chiedono risarcimenti esorbitanti: ma prima dov'erano e cosa hanno fatto?» Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino