Carlo del rifugio a Punta Penìa è sceso a valle: «Troppo duro restare, quel rombo mi perseguita. Non so se ci tornerò»

Carlo Budel ha lasciato il suo rifugio: è a casa con la cagnetta Paris
SAN GREGORIO NELLE ALPI - «Mi pare di essere in un brutto sogno da cui non riesco più a svegliarmi. Ho lasciato Punta Penia e sono tornato a casa, ho bisogno di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

SAN GREGORIO NELLE ALPI - «Mi pare di essere in un brutto sogno da cui non riesco più a svegliarmi. Ho lasciato Punta Penia e sono tornato a casa, ho bisogno di stare da solo con la mia cagnetta Paris. Quello che è successo lassù è una vera tragedia, non so se ci tornerò mai più»: con il cuore affranto Carlo Budel, gestore del rifugio più alto delle Dolomiti, ormai non ha più parole per commentare quanto successo in Marmolada.

«Non aveva senso restare»

Il sindaco di Canazei Giovanni Bernard ha firmato una nuova ordinanza attraverso la quale viene circoscritta l'area di chiusura del massiccio della Marmolada, il cui accesso è consentito solo agli operatori autorizzati che stanno conducendo le ricerche in quota oltre ai rifugisti di Punta Penia e Ghiacciaio. «Ma non aveva più senso rimanessi lassù», si limita a dire Budel, distrutto dal dolore. Vista la situazione l'elicottero è andato a recuperarlo martedì pomeriggio per essere condotto al passo Fedaia, in quel rifugio Castiglioni di proprietà anch'esso, come la Capanna Punta Penìa, di Aurelio Soraruf.

«Dopo la tragedia - ripercorre questi ultimi giorni Budel - sono rimasto su due notti. Avevo bisogno di stare da solo. E poi anche per predisporre il tutto alla chiusura della Capanna. Non so che cosa faremo quest'estate, ma certo di tornarci io non ne ho proprio voglia. Sto troppo male per la morte di tutte quelle persone». Tra le vittime anche due suoi amici: le guide alpine di Padova Davide Miotti e di Vicenza Paolo Dani.
«Erano bravi professionisti, capaci e con la testa sulle spalle - li ricorda - mai avrebbero messo in pericolo la loro vita e quella di altri. A Punta Penìa sono venuti tante volte. Non ci posso ancora credere che non li rivedrò più».

Ritorno a valle

La discesa al passo Fedaia, quindi, è avvenuta martedì pomeriggio. «Ci siamo confrontati con Aurelio Soraruf - dice - che oltre a essere il mio titolare è anche quasi come un padre per me. Di riaprire non se ne parla, ma certo è che se le autorità competenti dovessero consentire nuovamente gli accessi alla Marmolada noi, in qualità di rifugisti, abbiamo il dovere di riaprire». Di ieri mattina, poco dopo la sveglia, l'assalto dei giornalisti. «Ce n'erano un sacco di ogni testata mondiale - racconta - come ad esempio la Bbc e il New York Times. Mi sono dileguato e ho chiesto ad Aurelio se potevo tornarmene a casa perché una situazione così non l'avrei più retta per molto. E mi ha dato il permesso». Budel ieri pomeriggio è quindi tornato nella sua casa feltrina, dove ha riabbracciato gli anziani genitori, il fratello e l'inseparabile cagnetta Paris. «Dopo essere stato un po' in famiglia - afferma - con Paris ce ne siamo andati a camminare. Abbiamo raggiunto il torrente Veses e ci siamo immersi nell'acqua fresca. Dopo cinque estati trascorsi ai 3.363 metri di altitudine di Punta Penia, non sono più abituato a questi caldi intensi». Quel caldo che è una delle componenti del distacco avvenuto domenica in Marmolada. «Se penso al rumore che ho sentito e a tutto quello che ne sarebbe seguito - dice - mi vengono i brividi».

Le indagini della Procura

A contattare Carlo Budel, tra i tanti, c'è stata la procura di Trento. In qualità di testimone indiretto ha di sicuro informazioni utili per gli inquirenti per aiutarli a ricostruire l'accaduto. «In questo momento - conclude - vorrei solo che qualcuno mi dicesse che si è trattato di un brutto sogno e che tutto quanto accaduto è stata solo immaginazione». A cercare di consolarlo pensano le sue migliaia di followers con altrettanti e ancor di più post di affetto come quello di Alessandra: Carlo, non riesco a immaginare cosa tu possa aver provato lassù in questi momenti e cosa possa provare. Non riesco a togliermi il pensiero di mente. È troppo triste. Ma noi abbiamo bisogno di te e delle tue albe.

 

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino