Bottega Veneta a Londra, il terrazzo alla veneziana firmato dai fratelli Stefano e Marco Vianello

LONDRA Da sinistra: Antonio Convilli, Marco e Filippo Vianello, Yuri Panzanato, Stefano Vianello
VENEZIA - Un pezzo di Venezia farà bella mostra di sé nel cuore di Londra. I fratelli Marco e Stefano Vianello, professionisti del terrazzo alla veneziana,...

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VENEZIA - Un pezzo di Venezia farà bella mostra di sé nel cuore di Londra. I fratelli Marco e Stefano Vianello, professionisti del terrazzo alla veneziana, sono stati i protagonisti della creazione di un pavimento particolare che abbellirà il nuovo negozio londinese di Bottega Veneta. «Siamo stati contattati da loro, cercavano aziende locali perché volevano che tutte le maestranze fossero venete. E così è stato, basti pensare che la parte logistica è stata in carico a una realtà di San Donà di Piave. Una delle cose davvero belle è che ci siamo trovati a parlare in dialetto a Londra», racconta Stefano Vianello. Un’azienda, la sua, che opera a Venezia da 27 anni e che conta anche il figlio di Stefano, Filippo, le mogli Giorgia e Gabriella, i collaboratori Antonio e Yuri. Partita da campiello Mosca, vicino a San Pantalon, oggi l’attività è a San Giacomo dall’Orio, ma le capacità dei maestri del pavimento alla veneziana sono apprezzate in tutto il mondo: «Abbiamo preso parte a questo progetto che si compone di due piani, per un totale di 600 metri quadrati. 


 

IL PROGETTO 


Tutto è stato realizzato in terrazzo alla veneziana, però non possiamo divulgare particolari, possiamo solo dire che stupirà», continua il titolare. Un impegno notevole, che ha tenuto il gruppo dei lavoratori lontano dalla laguna per mesi: «Sono stati due mesi di lavoro in cui siamo usciti dalla città, facevamo quindici giorni lì e quattro qui, è stato impegnativo, ma anche una grande soddisfazione». Sì, perché oltre alla fatica fisica, c’è stata quella emotiva, visto che il complesso progetto ha imposto grande incertezza fino alla fine: «Non è un pavimento comune, ci hanno chiesto un grande sforzo a livello di design, è come se ogni pezzo di marmo seminato fosse un piccolo pixel sul disegno a monitor. E nessun’altra tecnica sarebbe potuta esser utile ai fini del lavoro. Fino a quando l’architetto non ha visto tutto levigato e lucidato non dormivamo la notte, sarebbe potuto anche non piacere». I due nell’ultimo anno sono diventati maestri dell’arte e quello che hanno avuto dalla città lo vogliono restituire, nonostante la fatica nel trovare giovani: «Stiamo cercando due persone che entrino nel mestiere, perché lavoro ce n’è. Stiamo operando a palazzo Ducale con la Soprintendenza, poi a palazzo Grimani, stiamo facendo cose interessanti». Per ovviare alle necessità, il gruppo sta attivando collaborazioni con le scuole: «Collaboriamo con una realtà trevigiana che si occupa di bioedilizia, con un istituto francese per il mosaico, avremo tre ragazze che verranno a fare uno stage estivo». Ecco quindi spiegata la vocazione familiare dell’attività: «Quest’anno è entrato mio figlio, diplomato all’istituto d’arte, tra due anni aspettiamo il nipote, perché i dipendenti dobbiamo farceli, è l’unico modo». 
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Il Gazzettino