Maria, morta a 5 giorni dal parto: medici e infermieri dallo psicologo

Maria Buso, la mamma di 39 anni morta cinque giorni dopo aver dato alla luce i suoi gemellini
TREVISO - Un incontro con lo psicologo per superare lo shock che ha colpito medici e infermieri. Mentre la famiglia di Maria Buso, la mamma di 39 anni morta cinque giorni dopo...

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TREVISO - Un incontro con lo psicologo per superare lo shock che ha colpito medici e infermieri. Mentre la famiglia di Maria Buso, la mamma di 39 anni morta cinque giorni dopo aver dato alla luce i suoi gemellini, cerca di affrontare lo strazio per una tragedia immensa, inaspettata, il personale dei reparti di Ostetricia - Ginecologia e Rianimazione dell’ospedale Ca’ Foncello, provato da un caso che li ha colpiti nel profondo, chiede aiuto a uno specialista per rielaborare quello che è successo e riacquistare almeno un po’ di serenità. Maria si è spenta mercoledì: quando la fine si avvicinava, le operatrici del Nido non le hanno portato in camera i suoi figli, Alice e Filippo, per allattarli, come si fa gioiosamente con le neo mamme. Glieli hanno portati perchè potesse averli accanto mentre si spegneva. E questo non può che devastare chi ogni giorno lavora per far sbocciare la vita.

 

Non può essere lasciato fuori dalla porta, quando si torna a casa, la sera. «Noi non siamo abituati a gestire la morte», dice con semplicità, sottovoce, il direttore dell’Unità di Ostetricia e Ginecologia Enrico Busato. Anche ieri si è lavorato con la consueta attenzione, con professionalità. Ma come accade quando un lutto colpisce da vicino, i volti erano tirati, i gesti di ogni giorno come rallentati. E il decorso dell’infezione che si è portata via la mamma di Maserada sul Piave ha scosso anche il personale della Terapia Intensiva: «Si pensa che gli operatori sanitari siano abituati all’evento sfavorevole, ma non è così – aggiunge il direttore del reparto, Antonio Farnia - Tutti noi abbiamo vissuto questo evento in maniera molto sofferta e per questo abbiamo chiesto un incontro con lo psicologo. Vediamo come riusciamo anche noi a superare questo momento complesso». Incontro che si terrà già oggi pomeriggio, mentre dall’ospedale si continua a manifestare solidarietà e completa disponibilità nei confronti della famiglia della 39enne: il marito Fabio Piovesan, la mamma, tutti gli altri. Dovevano essere, i suoi giorni al Ca’ Foncello, simili a quelli delle migliaia di donne che ci passano ogni anno. E al di là dell’aver anticipato il cesareo, fissato per lunedì 6, per un principio di contrazioni e per il fatto che i gemellini erano podalici, tutto era filato liscio. Fino a domenica mattina, quando i dolori che Maria sentiva hanno insospettito i medici. Non più il normale decorso di un taglio cesareo, ma qualcosa di più. L’ecografia, la radiografia addominale, il consulto con il chirurgo, la tac. La decisione di operare, quindi la scoperta della necrosi di un’ansa addominale causa della setticemia che l’ha portata alla morte. Maria si era sottoposta nel 2009 a un by pass gastrico. Intervento in là negli anni, che risultava nella sua cartella, ma che teoricamente non doveva in nessuna maniera interferire con la maternità. E invece le modificazioni anatomiche derivate proprio dalla gravidanza avrebbero, secondo la valutazione dei sanitari, causato la rottura: «E’ possibile – spiega il direttore dell’Ospedale di Treviso Stefano Formentini – che abbia ceduto il punto di minor resistenza dell’intestino, esito del bypass. Si definisce una morte indiretta, causata da fattori concomitanti che non hanno a che fare l’uno con l’altro». Non è morta a causa del parto cesareo, Maria. Ma per un «evento imprevedibile», che fino alle prime ore di domenica non ha dato alcun sintomo. La situazione è precipitata in poche ore, medici e infermieri si sono trovati di fronte a un quadro che non si era mai presentato in precedenza. E che ha seguito, inesorabile, il suo decorso. «Sentiremo i clinici, esamineremo la cartella – conclude Formentini – ma siamo convinti che sia stato fatto tutto ciò che andava fatto». Mentre Alice e Filippo si affacciavano alla vita, quella della mamma scivolava via. Segnando per sempre quelli che l’hanno conosciuta. Anche medici e infermieri del Ca’ Foncello.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino