MESTRE - La firma è la stessa della seconda volta, “fra.Tino”, così come sono gli stessi i riferimenti all’omosessualità e le accuse...
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LE INDAGINI
Il patriarca Francesco Moraglia ha informato le forze dell’ordine che stavano già indagando sul caso dopo che il vescovo, in seguito ai primi due episodi, aveva presentato denuncia in Procura. In questa lettera Fra.Tino esordisce con un preambolo sull’omosessualità per affermare che “esistono delle norme assolute, ovvero una distinzione tra bene e male” e poi sferrare il primo attacco: «Insomma, il sacerdote che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge divina si trova in una situazione oggettiva di peccato grave; le circostanze od intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente peccaminoso per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta», scrive.
NEL MIRINO
Quindi prende di mira i sacerdoti, anche se stavolta non li nomina, come aveva fatto nei volantini del 31 gennaio. Dopo le accuse più pesanti, che ovviamente non riportiamo, l’anonimo, che in calce si firma “Il povero fra.Tino”, aggiunge una postilla, su una striscetta di carta e in stampatello: “Criticatemi, ma per favore, diffondete e discutetene”.
Si ricorderà che già nei giorni successivi ai primi volantini era filtrata l’indiscrezione che le forze dell’ordine fossero vicine a identificare colui che nottetempo li aveva appesi a Venezia, immortalato da alcune telecamere della videosorveglianza. Di fronte al clamore suscitato, a molti era parso spontaneo collegare i due episodi al caso D’Antiga, che a dicembre scorso aveva rifiutato il trasferimento disposto dal Patriarca criticandolo apertamente e ritirandosi a vita privata. Molti sacerdoti diocesani avevano firmato una lettera di solidarietà a Moraglia a cui era giunta la vicinanza del presidente della Regione Luca Zaia e del sindaco Luigi Brugnaro.
Alvise Sperandio
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Il Gazzettino