«Mia gentilissima signorina»... l'amore ai tempi delle Poste

«Mia gentilissima signorina»... l'amore ai tempi delle Poste
Antonio si firma devotissimo e umilissimo servo e chiede a una cliente la sua mano di sposa, promettendole in cambio di impegnarsi a fare carriera nelle Poste. Mezzo secolo dopo...

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Antonio si firma devotissimo e umilissimo servo e chiede a una cliente la sua mano di sposa, promettendole in cambio di impegnarsi a fare carriera nelle Poste. Mezzo secolo dopo una sua collega, Sara, scrive direttamente al direttore e con tono cortese ma risoluto lo invita (anche a nome del fidanzato che non può firmare perché è a casa ammalato) a trasferire entrambi da Sondrio all'ufficio postale di Venezia, per rendere possibile il loro matrimonio.


Con due lettere, dagli stili completamente diversi, Poste Italiane festeggia San Valentino raccontando, dalla sede di Mestre, due simboliche storie d'amore nate nei loro uffici. Recuperate da archivi privati o musei, sono testimonianza di un'epoca in cui, senza perdere troppo in romanticismo, la felicità di coppia era legata alla vita lavorativa e aziendale. Antonio Gadda, Ufficiale delle Poste e invidiabile scrittore, aveva l'animo agitato da ardite speranze dopo un colpo di fulmine allo sportello. Gentilissima signorina esordisce, non sapendo il nome della cliente e fiducioso del fatto che non fosse già sposata. Chi si permette di scriverle è quell'impiegato di posta che ebbe già a pagare a Lei e alla sua Signora mamma delle cartoline vaglia. Un dettaglio, questo, che ha permesso a Mario Coglitore, che segue il settore della filatelia per la filiale di Venezia, di risalire al periodo in cui la lettera è stata scritta: «Le cartoline vaglia - spiega - erano un titolo di credito, fino a 20 lire, tra il 1890 e il 1906». All'epoca Antonio aveva 24 anni e, con la schiettezza e il suo italiano desueto, non nascondeva all'amata che chiedeva in sposa di avere un impiego modesto, ma sicuro e suscettibile di miglioramento, di essere non molto robusto ma di buona salute, irascibile ma non privo di cuore e di convivere colla Mamma vedova. 

CINQUANT'ANNI DOPO

«Non sappiamo come sia finita ma siamo inguaribili romantici e quindi fiduciosi» scherza Coglitori, che presenta il documento insieme al coordinatore della comunicazione per il Nordest, Gabriele Martini, il responsabile area territoriale Pietro La Bruna e il responsabile direttore provinciale Domenico Conte. Anche Sara ha avuto bisogno di scrivere qualche riga per coronare la sua storia. Più pratica e meno appassionata (a tratti quasi minatoria), la sua lettera è però destinata al direttore. Nel 1950 era stata trasferita temporaneamente da Sondrio al Lido di Venezia, nell'ufficio postale aperto nel periodo della Mostra del Cinema. A Venezia, però, non stava così male e iniziava a immaginare una nuova vita in laguna. Obiettivo, quindi, era fermarsi qui e far trasferire anche il suo fidanzato dipendente delle Poste. Al direttore provinciale di Sondrio fa quindi sapere di avere intenzione di sposarsi e di restare a Venezia, invitandolo ad andare incontro alle loro necessità: «Se non altro non ostacolando una nostra eventuale domanda di trasferimento spiegava, per poi andare al sodo - A meno che, ripeto, non si assuma Lei personalmente la responsabilità derivante da un mancato alloggio a Sondrio; cosa che nessuno si permette di pretendere». Qui i tempi più recenti hanno permesso di scoprire il finale della storia: «La lettera ha colto nel segno. Hanno trasferito anche Marco a Venezia e si sono sposati, per poi andare a vivere a Mestre» conclude Coglitori. Ma il vero lieto fine, per chi non rinuncia a un po' di cinismo nemmeno a San Valentino, è un altro: la pensione è scattata per entrambi a 47 anni. E forse, chi lo sa, sono ancora qui in città a godersela. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino