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TREVISO - «Lascia stare quelle famiglie e prendi me! Non sono utile a questo mondo. Vorrei solo che le persone non soffrissero! Per favore prendi me!». Sono le righe conclusive di una lettera, anonima, trovata sul pavimento di una lavanderia automatica in via Tommaso Salsa. È lo straziante, e anche in inquietante, appello lanciato da una bambina di 12 anni al nemico di tutti: il Covid. Non si firma, ma nell'intestazione scritta con una penna, si legge un nome di origine straniera. E un titolo: Per te Covid-19. Non lascia altre tracce per poterla identificare. Sicuramente quel foglio di carta bianca, formato A4, piegato in quattro, stropicciato, è caduto da una qualche tasca, ma vai a capire di chi. Se lo è ritrovato davanti Alberto Ingargiola, da sette anni titolare della lavanderia. Le lavatrici sono automatiche, vanno a gettone. Non c'è personale fisso. Uno entra, infila la propria roba da lavare e attende. Ingargiola passa in vari momento della giornata. Poi torna alla sera per pulire e controllare che tutto sia in ordine.
LA SORPRESA
«Qualche giorno prima di Natale - racconta - stavo ultimando le pulizie quando noto quel pezzo di carta per terra.
DELICATEZZA E DOLORE
La sensibilità tipica del bambino emerge verso la fine, quando si rivolge ancora al Covid: «Sei arrivato qui, ci sarà un motivo? No?? Secondo me sei solo e hai bisogno di compagnia! Non so se ti va, ma lascia stare quelle famiglie e prendi me! Non sono utile a questo mondo. Vorrei solo che le persone non soffrissero! Per favore prendi me!».
«Ho cercato di capire di chi potesse essere quella lettera - commenta Ingargiola - nella lavanderia ci sono i cartelli con tutti i miei riferimenti. Ho quindi conservato il foglio pensando che qualcuno, prima o poi, mi avrebbe chiamato per riaverlo indietro. Ma non si è fatto vivo nessuno. Ne ho quindi parlato con qualche amico, gente del quartiere, ho cercato qualche indizio. Ma sono ormai passati una decina di giorni e nessuno si è fatto vivo. Oltre alla lavanderia ho anche un bar-tabaccheria ai piedi del cavalcavia della stazione. Ho appeso la lettera dietro al bancone, in modo che tutti la possano vedere. Sinceramente non so se troverò mai la bambina che l'ha scritta. Le sue parole però mi hanno commosso. E ci fanno capire come i più piccoli stiano vivendo questo periodo, la loro paura. Dovremmo rifletterci sopra un po' tutti».
P. Cal. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino