TREVISO - «Lascia stare quelle famiglie e prendi me! Non sono utile a questo mondo. Vorrei solo che le persone non soffrissero! Per favore prendi me!». Sono le righe conclusive di una lettera, anonima, trovata sul pavimento di una lavanderia automatica in via Tommaso Salsa. È lo straziante, e anche in inquietante, appello lanciato da una bambina di 12 anni al nemico di tutti: il Covid.
LA SORPRESA
«Qualche giorno prima di Natale - racconta - stavo ultimando le pulizie quando noto quel pezzo di carta per terra. Lo raccolgo, vedo che è piegato più volte, leggo per te, Covid-19. Lo apro per capire cos'è e mi trovo davanti quelle righe. Le ho lette sperando di ricavare qualche indizio sull'identità dell'autore. Non c'è niente, ma chi scrive dice avere 12 anni. Parla al femminile. E usa parole toccanti». Il testo occupa una facciata, scritto con una grafia ordinata e una sintassi a tratti zoppicante. Si rivolga al virus: «Sono stanca di tutto questo - così inizia - caro Covid, sei entrato nelle nostre vite, ha distrutto famiglie, amici e parenti che avrebbero potuto e voluto vivere». Concede al virus di averci «reso più forti: ci hai fatto capire che non riusciamo a stare senza amici e parenti. Però perché ci vuoi rovinare le vite? Io non so cosa ti ho fatto!». Pare quasi lo sfogo di una nipotina che ha perso un nonno. «Il mio 12esimo compleanno avrei voluto festeggiarlo con le mie amiche e compagni di classe».
DELICATEZZA E DOLORE
La sensibilità tipica del bambino emerge verso la fine, quando si rivolge ancora al Covid: «Sei arrivato qui, ci sarà un motivo? No?? Secondo me sei solo e hai bisogno di compagnia! Non so se ti va, ma lascia stare quelle famiglie e prendi me! Non sono utile a questo mondo. Vorrei solo che le persone non soffrissero! Per favore prendi me!».
«Ho cercato di capire di chi potesse essere quella lettera - commenta Ingargiola - nella lavanderia ci sono i cartelli con tutti i miei riferimenti. Ho quindi conservato il foglio pensando che qualcuno, prima o poi, mi avrebbe chiamato per riaverlo indietro. Ma non si è fatto vivo nessuno. Ne ho quindi parlato con qualche amico, gente del quartiere, ho cercato qualche indizio. Ma sono ormai passati una decina di giorni e nessuno si è fatto vivo. Oltre alla lavanderia ho anche un bar-tabaccheria ai piedi del cavalcavia della stazione. Ho appeso la lettera dietro al bancone, in modo che tutti la possano vedere. Sinceramente non so se troverò mai la bambina che l'ha scritta. Le sue parole però mi hanno commosso. E ci fanno capire come i più piccoli stiano vivendo questo periodo, la loro paura. Dovremmo rifletterci sopra un po' tutti».
P. Cal.