TREVISO - Rubare in casa di qualcuno? Scontato e anche un po' rischioso. Predare la cassa di un negozio? Banale. Vuoi mettere invece l'ebbrezza di giocare al ladro in casa...
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IN TRAPPOLAL'Arsenio Lupin del palazzo di Giustizia di Treviso, la mano lesta che tra maggio e luglio ha saccheggiato su e giù tra il secondo e il quarto piano, un po' nelle cancelliere penali, un po' negli uffici dei giudici della sezione civile, è un trevigiano di 43 anni di professione rappresentante che non l'ha fatta franca ed è finito invece con le manette ai polsi con l'accusa di furto. Tre i colpi che avrebbe messo a segno, due ai danni di altrettanti cancellieri e uno che ha visto vittima addirittura un giudice. Stamattina l'uomo, difeso dall'avvocato Alessandra Nava, sarà sentito nel corso dell'interrogatorio di garanzia in cui, come annunciato dal suo legale, ha deciso di parlare davanti al giudice e non avvalersi quindi della facoltà di non rispondere.
LA TECNICASecondo la ricostruzione degli inquirenti il topo del tribunale agiva con una tecnica grezza ma efficace: girava per il palazzo e apriva le porte degli uffici fingendo di parlare al telefono. Quando dava nell'occhio la sua strategia prevedeva di apparire uno sprovveduto che si era perso nei corridori e che doveva andare a parlare con qualcuno. Ma quando invece trovava le stanze vuote entrava per frugare tra i tavoli e i cassetti alla ricerca di portafogli. In tre occasioni è riuscito a mettere le mani sui contanti. Vittime delle sue scorribande dentro alla fortezza della giustizia sono stati due cancellieri e un giudice a cui ha sottratto i portamonete. Due sono stati ritrovati, ovviamente vuoti: uno dentro ad un ascensore del tribunale, l'altro nella sede della provincia. Del terzo invece non c'è traccia.
L'OCCHIO ELETTRONICOA incastrare il 43enne sono state le riprese delle telecamere di sorveglianza che presidiano ogni angolo dei corridoi del Tribunale. Non ci sono scatti degli interni delle stanze in cui sarebbero avvenuti i furti ma le immagini sonio inequivocabili: lui appare davanti alla porta di tutte e tre le stanze da cui sono spariti i portafogli, apre la porta, entra e qualche minuto dopo se ne va. Tutto immortalato, praticamente come essere beccati con le mani nel barattolo della marmellata. A consentire l'identificazione è stato il confronto fra i frame degli occhi elettronici e le foto segnaletiche dell'uomo, che ha dei precedenti per lo stesso reato. Dopo essere stato arrestato il rappresentate è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con tanto di apposizione del braccialetto elettronico. Secondo il suo legale si è trattato di un «comportamento abbastanza maldestro. Lui era a conoscenza del fatto che ci in Tribunale funzionano le telecamere di videosorveglianza, non ha neppure cercato di travisarsi». «Evidentemente - ha aggiunto l'avvocato Nava - non ci troviamo di fronte ad un ladri professionista e oggi spiegherà i fatti». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino