VENEZIA Una giovane nomade costretta ai borseggi fra le calli per liberare la figlioletta, sequestrata dai parenti dell'ex marito per un debito di gioco. Una bimbetta di 3...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Il rapimento sarebbe avvenuto in stazione a Mestre, luogo di passaggio per questi nomadi che vivono tra i campi di Roma e Milano, ma vengono a lavorare a Venezia, muovendosi in treno e spesso alloggiando per qualche giorno in piccoli alberghi della terraferma. Venezia, infatti, è considerata una piazza irrinunciabile da queste bande, che puntano ai portafogli dei turisti. Migliaia di euro alla settimana il bottino che può guadagnare un singolo borseggiatore, come è emerso anche da queste indagini.
All'origine del sequestro, nella ricostruzione della Dda, un debito che il padre della piccola aveva contratto con alcuni parenti. Proprio per ripagarli, la donna veniva mandata a borseggiare a Venezia. Ma i soldi non bastavano mai, mentre le richieste aumentavano, così come la tensione. Fino al rapimento della piccola. «Se non pagate, la diamo via... Se non pagate, la ammazziamo..» le minacce che si sarebbe sentita rivolgere la donna, secondo la Procura. Per la donna erano state settimane di angoscia. I guadagni dei borseggi non bastavano. Era andata anche in Bosnia a recuperare dei soldi da altri parenti. Alla fine, in un modo o nell'altro, il riscatto era stato pagato e la bambina era tornata dalla mamma.
33 ANNI E 9 FIGLI
Resta aperto il dramma di queste donne e di questi minori, come imprigionati in un sistema senza uscite. La madre di questa storia, a 33 anni, ha già nove figli. Ed è la norma per queste nomadi, senza istruzione, che restano incinte giovanissime e vengono spedite a borseggiare anche con il pancione. Una tattica usata per cercare di evitare il carcere. Capita più di una volta che, dopo l'arresto delle donne, i lattanti vengano portati dagli uomini nelle stazioni di polizia con la speranza di ottenere la scarcerazione delle compagne. Ci sono giudici più rigidi, altri meno. Ma anche quando qualcuna resta dentro, altre la rimpiazzano. E l'impressione è di trovarsi di fronte a uno di quei problemi che la giustizia da sola non ha gli strumenti per risolvere.
Roberta Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino