Giovani e lavoro, lo stipendio da 1600 euro non attira più: «Nessuno vuole il posto fisso»

Mario Pozza presidente della Camera di Commercio
TREVISO - Non si trovano ingegneri. E neppure impiegati. Non solo per le aziende. Stavolta la Camera di commercio vive il problema direttamente sulla propria pelle. «Abbiamo...

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TREVISO - Non si trovano ingegneri. E neppure impiegati. Non solo per le aziende. Stavolta la Camera di commercio vive il problema direttamente sulla propria pelle. «Abbiamo aperto due bandi per assumere personale con un salario d’ingresso tra i 1.500 e i 1.600 euro – spiega il presidente Mario Pozza – una volta ci sarebbe stata la coda. Adesso, invece, sono andati a vuoto». L’ente cercava ingegneri e impiegati per l’amministrazione. Ma dovrà riprovarci. «Neppure il posto fisso attira più i giovani – dice il presidente – forse pesa lo stereotipo secondo il quale l’amministrazione pubblica è un carrozzone. Ma non è così dappertutto. C’è anche tanta innovazione».

LA SORPRESA

I due bandi andati deserti rappresentano la punta dell’iceberg in una provincia che conta sempre meno giovani. Complice l’inverno demografico, in poco più di dieci anni il trevigiano ha perso quasi 11mila under 30. Una parte va all’estero. Ma nella Marca ci sono anche 19mila ragazzi che non studiano e non lavorano. Mentre le aziende faticano a trovare sia manodopera che personale specializzato. «Dobbiamo far tornare ai giovani la voglia di lavorare nel nostro territorio – ha spiegato Pozza intervenendo ieri al congresso della Cisl a Santa Lucia di Piave – servono infrastrutture, come banda larga e fibra ottica. L’altro aspetto è quello dei salari: sono bassi perché c’è troppa imposizione fiscale. Va alleggerita per fare in modo che resti di più in busta paga». «E serve una politica per la casa rivolta ai giovani: è impensabile che possano spendere 2mila o 3mila euro al metro quadro per comprarsi un appartamento – aggiunge – come servono servizi per sostenere chi vuole avere figli. Ad esempio asili gratis o un assegno familiare degno di questo nome».

Giovani, oltre 2 milioni di over 30 italiani vivono ancora con i genitori. E non è una scelta

L’ACCUSA

E il reddito di cittadinanza? «È da rivedere – detta Pozza – deve passare attraverso i Comuni per coinvolgere i giovani nelle attività produttive». Non piace nemmeno il super-bonus del 110% per l’edilizia: «Sarebbe stato meglio tenerlo al 70 o all’80% – specifica – su 23 miliardi spesi, 4 o 5 sarebbero dovuti essere usati a sostegno di ragazzi e famiglie». Davanti alla carenza di manodopera, intanto, si pensa di andare a cercarla all’estero. Un po’ come succede con infermieri e oss. «Potrebbero essere coinvolte le Camere di commercio italiane all’estero, guidate da imprenditori che vivono in quei Paesi e che sanno che competenze ci sono – apre Pozza – l’obiettivo sarebbe quello di andare a guardare fuori dai confini, sì, ma per scegliere manodopera e competenze in modo mirato».

Nella Marca 19mila giovani a casa e un intero settore senza personale: nessuno vuol fare il barista, il cameriere o il cuoco

L’INVITO

In tutto ciò per il presidente anche i giovani devono fare la loro parte. «Sono sempre di più quelli che preferiscono un cane piuttosto di avere un figlio – punge – il recente appello del Papa è caduto a fagiolo». Per avvicinare domanda e offerta si punta anche a una rivoluzione dell’orientamento nelle scuole: «Si tende ancora a dire che per un giovane è meglio non fare l’operaio o lavorare nell’artigianato. Ed è sbagliato – sottolinea Pozza – la cultura di base ci vuole, almeno il diploma, ma saper fare un bel mestiere a volte è meglio di una laurea». Il mondo delle imprese guarda soprattutto agli Its, i percorsi post-diploma pensati al posto dell’università: «Anche considerando che un terzo dei ragazzi non finisce l’università», dice Pozza. Fino ad ora, però, stentano a decollare. Ma le scelte potrebbero essere fatte già in terza media. «Gli istituti professionali, come i tecnici, sono un elemento fondamentale – evidenzia il presidente – qui oggi il 70% degli studenti sono figli di immigrati. E dopo 3 o 4 anni il 95% trova un’occupazione». Pozza cita i nuovi percorsi di tappezzeria e montaggio di arredamento lanciati dalla scuola Lepido Rocco di Lancenigo. E sono solo degli esempi. Per la Camera di commercio, alla fine, l’appello è sintetizzabile in poche parole: non si può più pensare che studiare per imparare un lavoro sia una scelta di serie B. Gli strumenti per individuare le figure più richieste dal mercato ci sono già. Ma vanno usati al meglio. «Abbiamo un database che indica quante imprese, di che tipo e quanti occupati ci sono nei vari territori – conclude Pozza – dovrebbe essere messo accanto all’ufficio Anagrafe dei Comuni. Il problema che fino ad ora solo il 40% dei municipi trevigiani ha aderito al progetto». 

 

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Il Gazzettino