VENEZIA - Lo scambio è avvenuto nella sala delle Armi. Perché Tomic e compagni, il giorno del colpo, non hanno abbandonato subito palazzo Ducale. Per confondere...
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I banditi, a quanto appurato, avrebbero esaminato la scena del colpo fino allo sfinimento. Emerge infatti negli atti un quinto sopralluogo tra le sale di Palazzo Ducale durante la mostra. Oltre al primo, avvenuto una decina di giorni dopo l'apertura, all'inizio di ottobre, i ladri avrebbero fatto una ricognizione generale anche il 28 dicembre. Il vero e proprio preliminare del colpo, antecedente ai due tentativi falliti (avvenuti il 30 dicembre e il 2 gennaio) prima di riuscire ad aprire la teca n.154, proprio all'ultimo giorno della mostra dei gioielli del Maharaja.
L'autista, Zelimir Grbavec, stando all'accusa avrebbe accompagnato Tomi a piazzale Roma la mattina del furto per poi venirlo a prendere, insieme a Mladenovic, e portare entrambi oltre confine. Sarebbe stato Perovic, presente al Ducale sia il 30 dicembre sia il 2 gennaio, a prendere in consegna i gioielli rubati dalle mani di Tomi.
IL GIALLO DELL'IDENTITÀ
Gli inquirenti sono convinti che Vinko Tomi sia il ladro dalle mani di fata. Resta da capire ora se Vinko Tomi sia veramente Vinko Tomi. Il dubbio è un piccolo giallo: il 60enne ha usato talmente tanti alias durante la sua carriera criminale da Pink panther che sembra difficile riuscire a risalire alla sua vera anagrafica. Arrestato a Harmica, a una trentina di chilometri da Zagabria, vicino al confine con la Slovenia, il 60enne è stato negli ultimi anni anche Vinko Osmaki, e prima ancora Juro Markeli. La polizia croata ritiene che Vinko Tomi sia la sua identità reale, mentre le autorità bosniache (di dove è originario il 60enne) sembrano essere convinte che sia Juro Markeli, un croato di Zvornik. Non è certa neppure la sua data di nascita, che sembra essere il 10 agosto 1958. Ex combattente bosniaco, dopo la guerra sarebbe emigrato in Germania per cercare lavoro. Ricerca poco fruttuosa, che però gli avrebbe aperto la strada del crimine: a quanto pare, sarebbe tra i membri fondatori delle Pink Panthers, lo storico gruppo criminale di ladri composto da ex militari dei Balcani.
LA REFURTIVA
I gioielli non sono stati trovati: gli inquirenti cercheranno di capire se la banda abbia usato lo stesso protocollo della pantera rosa. Durante i 380 colpi messi a segno, infatti, si è riscontrato un iter comune. I diamanti finivano ad Anversa, gli orologi rubati ai clienti in Russia o in Serbia, trasportati in vani nascosti delle automobili. Pare anche che una parte del denaro rubato venisse destinato alle famiglie degli ex combattenti, la maggior parte in Serbia e Montenegro, la minore in Bosnia-Erzegovina e Croazia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino