"Banda delle ruspe", sei persone finiscono in manette: base in Polesine

Uno dei trattori rubati
ROVIGO - C’era chi metteva a segno i colpi notturni, chi trovava i magazzini per nascondere la refurtiva e chi organizzava il trasporto del bottino nell’est...

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ROVIGO - C’era chi metteva a segno i colpi notturni, chi trovava i magazzini per nascondere la refurtiva e chi organizzava il trasporto del bottino nell’est Europa. Più che una banda era una vera e propria associazione a delinquere: tutto era organizzato nel minimo dettaglio e ognuno aveva un ruolo preciso. All’alba di ieri i carabinieri hanno arrestato cinque uomini e una donna, tutti italiani e residenti nel Piovese, protagonisti di un traffico internazionale di escavatori, pale meccaniche e mezzi agricoli.   Agivano nei cantieri padovani, ma anche nelle province di Rovigo (dove nascondevano la refurtiva) e Venezia (soprattutto nell’area tra Chioggia e Cavarzere, dove hanno commesso più di un furto).

IL BLITZ
I carabinieri della compagnia di Abano Terme hanno dato esecuzione a sei misure cautelari al termine di un’indagine coordinata dal procuratore Sergio Dini. Sono finiti in carcere Daniele Panozzo (vicentino di 44 anni che vive a Piove di Sacco), Giulio Piacentin (45enne di Piove), Iriminie Lovas (rumeno 48enne, domiciliato a Piove), Renzo Carraro (41enne anche lui di Piove) e Stefano Bortolami (48 anni, di Legnaro). Sono tutti al Due Palazzi di Padova. Ai domiciliari nella sua casa di Piove di Sacco è invece Lorena Cecchinato, 41enne padovana, moglie di Piacentin. 
LA TECNICA
Le indagini sono partite all’inizio del 2016 dopo il ritrovamento di due escavatori nascosti in un capannone dismesso di Piove di Sacco, risultati rubati in un cantiere alla periferia di Padova. Gli accertamenti hanno portato nella rete dei militari Panozzo e Piacentin (ritenuti i vertici dell’organizzazione) e in seguito gli altri quattro. I carabinieri avevano proceduto con controlli e sequestri, ma l’associazione aveva continuato ad agire come se nulla fosse. Rubavano macchine agricole, ruspe, terne ed escavatori sia dalle aziende che dai cantieri stradali. Nascondevano la refurtiva in capannoni dismessi a Badia Polesine, oltre che a Piove, toglievano le targhe dei mezzi e alteravano i dati identificativi. A questo punto portavano tutto in Romania, Albania e Slovenia. «Abbiamo lavorato anche con l’aiuto di un elicottero, recuperando dieci mezzi per un valore complessivo di 400 mila euro» dice il maggiore Marco Turrini, che comanda la compagnia dei carabinieri di Abano. Si stima i furti messi a segno possano essere almeno il doppio. 
I COLPI

Il lavoro di ricostruzione ha portato i carabinieri a scoprire che l’associazione aveva colpito nel 2016 a Cavarzere (rubando ad una ditta del settore movimento terra un autocarro, un escavatore, quattro quintali di gasolio e tre martelli pneumatici) e poi a Chioggia. Altri colpi l’anno scorso a Ponte San Nicolò (furgone e attrezzatura da lavoro) e a Vigonza. Accertati poi ricettazione e riciclaggio di una pala meccanica da 40mila euro in un cantiere di Pontelongo, il furto di due potenti trattori agricoli a Padova e poi di un mezzo di un’azienda agricola di Saccolongo. C’è anche l’accusa per la ricettazione di un autocarro rubato a Padova e ritrovato a Badia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino