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La risposta è praticamente un disco rotto: ci scusiamo, ma i primi posti torneranno disponibili nel 2023. Nemmeno a settembre, ma addirittura il prossimo anno. E tanti saluti - almeno apparentemente - al calo della natalità, all’emergenza in culla e alla “pigrizia” sotto le lenzuola dei cittadini friulani. Trovare un posto libero in un asilo nido della regione, infatti, è diventata un’impresa impossibile. E non cambia la musica se dal pubblico ci si sposta al privato. Semplicemente le strutture sono tutte piene. Ce ne sono poche? Forse, infatti qualcuno (leggasi le materne paritarie) sta cercando di insinuarsi per aumentare l’offerta. Ma il problema è adesso, e investe migliaia di famiglie in tutto il Friuli Venezia Giulia. E sullo sfondo un indicatore sociale importante: i nonni, sempre più anziani perché mamme e papà concepiscono il primo figlio sempre più tardi, non sono più le ancore di salvezza di una volta. La fatica dell’età ha la meglio e l’asilo nido diventa l’unica soluzione. I costi sono alti, ma è ormai una necessità. Lo è diventata al punto da creare un collo di bottiglia.
LA SITUAZIONE
Da Pordenone a Udine, la voce che risponde al telefono pronuncia sempre le stesse parole. «Posto? Da noi? In questo momento assolutamente no. Siamo pieni». Quando, allora? «Probabilmente nel 2023». Con il dubbio finale che ci fa rendere conto di quanto sia complicata la situazione. Il viaggio degli asili nido “impossibili” parte dal Germoglio di Pordenone, dove le addette parlano di un “assalto” quotidiano al centralino. Il problema è che negli spazi del nido ci sono già 64 bimbi piccoli. Il massimo della capienza. «Appena abbiamo aperto le iscrizioni, sono andate “bruciate” in due giorni», riferiscono dalla struttura per la prima infanzia. Le richieste sono aumentate in modo vertiginoso».
Ma quand’è, quindi, che una famiglia deve prenotare un posto in un asilo nido? La risposta che arriva in primo luogo da Pordenone è determinante per capire bene quale sia la reale condizione del servizio. «I genitori - spiegano dal Germoglio - sono sempre più impegnati con il lavoro e i nonni non possono più tenere i figli perché sono troppo anziani.
I COSTI
La mancanza di posto è il problema principale. Ci sono famiglie che rischiano di dover aspettare un anno prima di essere chiamate e che nel frattempo dovranno “inventarsi” un’altra soluzione. Ma anche i costi non sono semplici da affrontare. La Regione contribuisce con l’abbattimento delle rette: si va dai 250 euro in caso di un figlio ai 450 euro in caso di iscrizione multipla. Ma questo vale per i redditi più bassi. Negli altri casi, invece, si paga il prezzo pieno. E non c’è nulla da sorridere, perché ogni mese sono batoste. E tasche che si svuotano. Per garantire la frequenza di un bimbo al nido almeno fino alla metà del pomeriggio si arrivano infatti a sfiorare i 700 euro al mese. Ma ci sono strutture che per una permanenza maggiore arrivano a chiedere anche 900-1.000 euro ogni 30 giorni. Quasi uno stipendio. Va un po’ meglio con i nidi comunali, dove le misure locali riescono ad aiutare le famiglie. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino