BELLUNO - «Ho chiesto ripetutamente in questi anni di intervenire, ma non è stata fatto nulla: così si è ripetuto quanto accaduto nel 1966»....
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LA PAURA
«Sono venuti giù tutti gli alberi, il bosco che costeggiava la strada non esiste più - spiega Cont-. E non parliamo di piante piccole: c'erano ontani, frassini, meli, peri. Tutti spariti, proprio come l'altra volta». L'inferno si è scatenato lunedì 29 ottobre, alle 18, quando pioggia e vento hanno messo in ginocchio il Bellunese. Gli alberi e il terreno sono finiti in strada e poi sulla legnaia vicino alla casa di Cont, dove sono rimaste. «Le galline - racconta - si sono salvate per miracolo, perché erano a pochi centimetri dalla colata». «Da quel giorno - prosegue - siamo senza luce, ma ci siamo arrangiati come abbiamo potuto. Abbiamo mangiato polenta, patate e formaggio come una volta, quello che c'era in casa, insomma».
LA FOTOCOPIA
«Nel 1966 è accaduta la stessa cosa - sottolinea Cont - era a casa e la frana è caduta esattamente in questo posto, con la stessa grandezza e estensione. Anche in quell'occasione nessuno rimase coinvolto». Ma il 77enne, che ricorda bene quell'alluvione dice che non c'è confronto a quella del 2018: «Qui a Rivamonte, quell'anno ci fu solo quella frana. Basta. Il maltempo non fece altri danni. Questa volta invece è stato un disastro».
ISOLATI
«Ci siamo sentiti abbandonati - prosegue -, solo oggi, dopo 5 giorni, abbiamo visto passere esercito e protezione civile, ma sono andati a Gosaldo». In realtà Cont non è stato il solo a sgombrare la frana dalla carreggiata. «Martedì intorno a mezzogiorno - spiega - è arrivato un dipendente comunale che ha lavorato a lungo per spostare il materiale. Poco dopo è stato anche possibile riaprire la strada». «Solo oggi (venerdì ndr) - conclude- siamo riusciti a andare a Agordo, perché le strade erano bloccate. Sono andato in banca e ho chiesto all'impiegato se potevo fare una telefonata: dovevo avvertire mia figlia a Ravenna, che non aveva nostre notizie da 5 giorni, che stavamo bene».
LA BEFFA
«Per anni - conclude il 77enne agordino - sono andato in Comune e mi sono battuto affinché venisse fatto un tombotto di raccolta dell'acqua sopra la strada, per evitare che questo disastro che avevo vissuto 52 anni fa, si ripetesse. È stato tutto inutile, eppure si poteva evitare».
Olivia Bonetti
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Il Gazzettino