PORDENONE - Quattro colpi in testa. L’autopsia conferma che è stata un’esecuzione, che Alessandro Coltro non doveva uscire vivo dal boschetto di betulle,...
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L’AUTOPSIA
È cominciata alle 11 di ieri mattina. La salma è stata portata dalla cella n. 1 dell’obitorio dell’ospedale di Pordenone alla vicina sala autoptica. Con i medici legali Giovanni Del Ben e Barbara Polo Grillo c’erano i carabinieri della sezione Investigazioni scientifiche del Nucleo investigativo di Pordenone. Le operazioni peritali, concluse dopo oltre cinque ore, sono cominciate seguendo un ordine molto preciso. Ogni passaggio è stato cristallizzato con videoriprese e fotografie, così che nel momento in cui ci sarà un indagato non possano esserci contestazioni da parte della difesa circa l’operato dei medici legali o presunte manomissioni. Fino a ieri la salma non era stata toccata per non inquinare eventuali tracce. Le mani era state anche protette con dei sacchetti. I carabinieri hanno repertato indumenti e oggetti personali. Prese le impronte della vittima, gli investigatori hanno fatto i test per cercare tracce biologiche e residui di spari sulle mani, nonchè sotto le unghie nell’ipotesi che Coltro abbia tentato di difendersi e possa aver graffiato l’aggressore.
GLI SPARI
Già la Tac, a cui la salma era stata sottoposta prima dell’autopsia, aveva evidenziato la presenza di un’ogiva nella testa, entrata dal lato destro lasciando un foro di pochi millimetri che si è richiuso lasciando una minuscola traccia. Il colpo aveva causato un edema. Ed è per i danni cerebrali causati da una emorragia che Coltro è morto nel giro di pochi minuti. Gli altri colpi lo hanno raggiunto in testa, ma non hanno trapassato la scatola cranica, si sono fermati nelle parti molli senza conseguenze gravi. Hanno fori di entrata diversi, significa che Coltro è stato colpito da posizioni differenti. Le traiettorie indicate dai medici legali consentiranno di ricostruire la dinamica del delitto e di collocare l’esatta posizione dello sparatore all’interno del boschetto.
L’ARMA
Le quattro ogive estratte dai medici legali sono state sequestrate e verranno confrontate con i bossoli recuperati sul luogo del delitto. Da questi reperti sarà identificato il modello dell’arma. Al momento la Procura - il sostituto procuratore Monica Carraturo a coordinare i carabinieri del Nucleo investigativo di Pordenone, del Nucleo operativo di Sacile e del Ros di Udine - non ha ancora nominato un perito balistico, ma non è escluso che gli accertamenti vengano eseguiti direttamente nei laboratori del Ris di Parma. Una volta identificata l’arma si potranno avviare ulteriori accertamenti attraverso la banca dati delle armi legalmente detenute e quelle che risultano rubate. Non va esclusa la possibilità - come era successo per il duplice omicidio nel palasport di Pordenone nel 2015 - che si tratti di un’arma clandestina.
Cristina Antonutti Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino