Facchini-schiavi obbligati a pagare 3mila euro per l'assunzione: tre arresti

L'interporto di Padova. Gli arrestati sono tre: Pomaro, Zecchinato, Bellotto
PADOVA - I soci-dipendenti delle cooperative sfruttati come schiavi. Tre “caporali” sono stati arrestati: si sarebbero spartiti un milione di euro...

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PADOVA - I soci-dipendenti delle cooperative sfruttati come schiavi. Tre “caporali” sono stati arrestati: si sarebbero spartiti un milione di euro all’anno. I facchini, che lavoravano in un magazzino dell’Interporto, erano costretti a pagare fino a tremila euro per essere assunti e a restituire il 30 per cento dello stipendio. Le indagini portate avanti dalla Digos e dalla squadra mobile, e coordinate dal procuratore capo Matteo Stuccilli, dall’aggiunto Valeria Sanzari e dal sostituto procuratore Federica Baccaglini, sono iniziate nel 2013, dopo che i responsabili di altre cooperative del settore logistica, che operavano nell’area dell’Interporto e pativano la concorrenza sleale di competitor che potevano contare su lavoratori sottopagati, avevano rivelato alla polizia che c’era un grave giro di sfruttamento dei facchini. In carcere è finito Floriano Pomaro, ai domiciliari Riccardo Bellotto e Mario Zecchinato.


L’attività degli investigatori si è concentrata su alcune cooperative, raggruppate ad hoc in una associazione temporanea d’impresa finalizzata ad abbattere notevolmente i costi di gestione, attraverso l’assunzione di operai stranieri, soprattutto di origine bengalese e indiana. Per essere assunti, però, come ha spiegato il numero uno della Digos, Carlo Ferretti, dovevano pagare in un colpo in media 1.500 euro, ma alcuni addirittura anche 3-4mila, per un contratto part-time di 3 mesi, e poi 500 euro per ogni rinnovo, prima di sei mesi, poi di un anno. Pomaro, nato a Lendinara (Rovigo), ma residente in città, e il padovano Bellotto obbligavano i lavoratori anche a firmare le dimissioni in bianco. Ogni mese, inoltre, Zecchinato, anche lui residente a Padova, prelevava dal loro conto corrente, grazie al doppio bancomat che gli stranieri erano costretti a consegnargli, circa un terzo dello stipendio.
 
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Il Gazzettino