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BELLUNO - «Inammissibile». La Cassazione ha rigettato il ricorso del procuratore Paolo Luca con cui veniva chiesta una misura interdittiva per tre dei cinque medici coinvolti nell'inchiesta per epidemia colposa al San Martino di Belluno. Ossia per Roberto Bianchini, 61enne primario di Otorinolaringoiatria, per Raffaelle Zanella, 60 anni ed ex direttore medico dell'Ulss Dolomiti, e per Antonella Fabbri, 58 anni, responsabile dell'ufficio Affari Generali e Legali dell'azienda. La richiesta del pm era di sospenderli dal servizio per tre mesi ma è stata respinta dal gip di Belluno, dal Tribunale del Riesame di Venezia e ieri, in modo definitivo, anche dalla Cassazione.
L'ACCUSA
Roberto Bianchini era accusato di aver provocato il primo focolaio all'ospedale di Belluno dopo essere tornato da una vacanza a Ko Samui (Thailandia), dal 14 al 24 febbraio, insieme alla moglie e a una coppia di amici. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, il primario riprese a lavorare subito senza comunicare alla direzione medica di esser appena rientrato da un paese classificato a rischio epidemico.
DIFENSORI SODDISFATTI
La notizia è stata accolta con soddisfazione da parte degli indagati e della difesa. «Leggeremo la motivazione per capire fino a dove si sia spinta la Cassazione nella valutazione del caso hanno commentato ieri gli avvocati De Vecchi e Moretti Siamo contenti che i provvedimenti del Tribunale della Libertà di Venezia e del gip di Belluno siano stati confermati a un livello così autorevole». La decisione della Cassazione, pur riguardando solo l'aspetto della misura interdittiva, mette però un punto fermo sull'intera vicenda. «Sono amareggiato ha dichiarato, a caldo, il procuratore Paolo Luca Il ricorso aveva esposto le ragioni in diritto che sembravano fondate. Sulla base di questi elementi si chiederà l'archiviazione». Capitolo chiuso. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino