Eleonora Bottaro, morta a 17 anni di leucemia perché rifiutò la chemio. I giudici: «Succube delle teorie dei genitori»

La Cassazione ha respinto il ricorso dei genitori, che avevano rinnegato l'uso dei farmaci

Eleonora Bottaro, morta a 17 anni di leucemia perché rifiutò chemio. I giudici: «Succube delle teorie dei genitori»
La chemio negata, la morte, il processo. Quella di rifiutare le cure contro la leucemia, da parte della giovane Eleonora Bottaro «non fu una libera scelta che i suoi...

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La chemio negata, la morte, il processo. Quella di rifiutare le cure contro la leucemia, da parte della giovane Eleonora Bottaro «non fu una libera scelta che i suoi genitori ritennero di rispettare, ma un'opzione consapevolmente adottata dai genitori in prima persona, nonostante i medici li avessero informati dell'impossibilità, per la figlia, di guarire senza la chemio». È un passaggio delle motivazioni - riportate dal «Corriere del Veneto» - per le quali, il 23 marzo, la Cassazione ha respinto il ricorso dei padovani Lino Bottaro e di sua moglie Rita Benini confermando la condanna a due anni per l'omicidio colposo della figlia, morta il 29 agosto del 2016. I giudici della Suprema Corte ricostruiscono con cura la vicenda di Eleonora, che appena diciassettenne scoprì di essere malata di leucemia linfoblastica acuta e che si oppose alle terapie nonostante i medici le avessero prospettato l'80 per cento di possibilità di sopravvivenza. A spalleggiarla c'erano i genitori, accaniti sostenitori della medicina alternativa professata da Ryke Geerd Hamer, un medico tedesco radiato proprio per le sue teorie anti-scientifiche.

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Lino Bottaro e la moglie si sono sempre difesi sostenendo che quella di rifiutare le cure suggerite dai medici di Padova fu una scelta maturata autonomamente dalla figlia e per questo, tra i motivi del ricorso, ricordavano una sentenza del 1998 del tribunale per i minori di Venezia che «stabilì di tener conto della volontà di una bimba di soli nove anni affetta da leucemia, che aveva rifiutato la chemio in quanto troppo invasiva e debilitante».

 

Ma per i giudici della Cassazione, dal caso di Eleonora «esula ogni rilevanza della tematica relativa al diritto del minore all'autodeterminazione» e questo perché «la ragazza non aveva, in ragione dell'età, la percezione della reale possibilità di morire, essendo forte di un senso di immortalità e delle convinzioni dei propri genitori, i quali sempre si erano opposti alle cure che ideologicamente rifiutavano (...) anche di quelle minimali, come un prelievo o una flebo idratante». La studentessa padovana era «condizionata dalle decisioni dei genitori, di cui si fidava ciecamente (...) i quali le avevano detto che la chemio non era necessaria, anzi era nociva».

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I giudici hanno posto l'accento sul fatto che la ragazza «accettasse come un dato di fatto le cure che le proponevano i genitori senza sapere neanche cosa fossero e come la ragazza fosse succube delle convinzioni dei genitori, a cui si era assuefatta e che aveva fatto proprie. E infatti il giudice a quo ha posto in rilievo come laddove i genitori sceglievano le cure, anche se invasive, come le iniezioni sulla schiena, la ragazza non facesse opposizione e non si desse neppure la pena di capire di che cosa si trattasse, "limitandosi a definire le stesse 'robe strane', con totale accettazione».

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Il Gazzettino