VENEZIA - La rivoluzione scoppiò alle 9 del mattino del 25 giugno 1678. Era un sabato. Non ci furono vittime, ma da allora in poi le cose iniziarono a...
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La materia era la filosofia, la dissertazione avvenne attorno ad Aristotele. Elena a dire il vero sarebbe stata più versata per la teologia: schiva e appartata, a 21 anni era già diventata oblata benedettina, rispettando i voti delle monache pur continuando a vivere in famiglia. Ma a frapporsi fra lei e l'ambìto riconoscimento ci fu il vescovo di Padova Gregorio Barbarigo (che poi divenne santo): “la donna è inferiore rispetto all’uomo e non è capace di ragionamenti difficili”. Ne nacque una lunghissima polemica tra il prelato e lo Studio di Padova finché, a 32 anni, Elena ottenne di poter misurarsi con gli esaminatori.
Le risposte, quel giorno, furono brillanti: la veneziana fu proclamata magistra et doctrix; come a ogni altro laureato uomo, le furono consegnati il libro e l'anello, simbolo della dottrina e delle nozze con la scienza; ma anche il manto di ermellino e la corona d’alloro, contrassegno della dignità dottorale e del trionfo.
Che Elena Lucrezia fosse una persona fuori dal normale era risaputo da tempo: quinta di sette figli dello “scandaloso” matrimonio tra il procuratore Giovanni Battista Corner Piscopia e una popolana non nobile, Zanetta Boni (i due convissero per quasi vent'anni, prima di poter regolarizzare la loro unione), fin da bambina aveva manifestato doti eccezionali. Modesta e molto facile ad arrossire, conosceva il greco, il latino, l’ebraico, il francese, lo spagnolo e l’italiano, tanto da meritarsi l’appellativo di Oraculum Septilingue; studiava la musica, la geografia e la matematica; aveva una perfetta conoscenza della dialettica, della filosofia, della teologia e dell’astronomia. Nella sua formazione fu determinante il sostegno del padre, che intuite le capacità non comuni della figlia, oltre a spalancarle le porte della fornitissima biblioteca di famiglia le mise accanto degli insegnanti di levatura straordinaria.
Dopo la laurea, la fama di Elena Lucrezia si diffuse con grande rapidità; fu invitata a far parte di diverse Accademie in tutta Europa, e ricevette visite di studiosi a non finire. Anche una proposta di matrimonio, per dire la verità, da parte di un principe tedesco, che lei rifiutò con garbo. Si adattò con intelligenza a questa sua nuova condizione, pur mantenendo la sua vita sobria e austera.
Dopo un periodo trascorso a Venezia decise di trasferirsi a Padova, dedicandosi all'assistenza dei bisognosi finché si spense per tubercolosi il 26luglio 1684, sei anni più tardi da quel momento di gloria nella cattedrale, e fu sepolta nella chiesa di Santa Giustina.
Ben presto su di lei scese il velo dell'oblio (durato quasi trecento anni) e dopo di lei, nell'arco dell'intero Settecento, solo altre due donne – una a Bologna e l'altra a Pavia – riusciranno a laurearsi. Ma la strada era tracciata. La rivoluzione già in atto. Nella semplicità dei suoi gesti, corroborata da una fermezza e da una forza fuori del normale, una veneziana timida aveva cambiato per sempre le regole del riconoscimento delle donne. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino