Covid in Fvg, viaggio alla ricerca di una terza dose tra distanze, hub chiusi e adesione bassa

Un centro vaccinale
L’operazione legata alla somministrazione delle terze dosi è la più importante. Più ancora della rincorsa disperata allo zoccolo duro dei no-vax, che in...

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L’operazione legata alla somministrazione delle terze dosi è la più importante. Più ancora della rincorsa disperata allo zoccolo duro dei no-vax, che in quanto duro sarà difficile da scalfire. È dalla copertura extra, infatti, che passa una buona fetta dell’ultima battaglia contro il Covid. La campagna dovrà essere ancora una volta di massa (da dicembre le agende saranno aperte anche per i quarantenni e i cinquantenni), ma il sistema non è più quello della prima parte dell’anno. Paradossalmente, infatti, sono aumentate le difficoltà, e con esse le distanze tra la residenza di chi richiede il vaccino e il primo centro disponibile per le somministrazioni. I fattori alla base del problema sono diversi, ma il risultato è uno: fare la terza dose in Fvg è più difficile rispetto a quanto lo sia stato ricevere prima e seconda iniezione. 


LA MAPPA


Tra la provincia di Pordenone e quella di Udine ci sono sette centri vaccinali in grado di garantire le terze dosi. Nel Friuli Occidentale ci sono il capoluogo (Cittadella della salute), Maniago (ex Ipsia), Sacile (distretto) e San Vito (ospedale); in provincia di Udine la Fiera di Martignacco, l’ospedale di Palmanova e il centro Manifatture di Gemona. Stop. Niente altro. 
Basta prendere la macchina e fare qualche chilometro, che sarà mai. Ma non va proprio così, soprattutto se il tamburo continua a battere sulla necessità di immunizzare con la terza dose soprattutto gli ultraottantenni. Ecco, appunto, gli anziani. Un cittadino residente a Latisana oggi dove deve andare? A Palmanova o a Udine. In macchina ovviamente. E se non ha la patente è un bel problema. La distanza rischia in questo caso di diventare un disincentivo importante sulla strada di una copertura migliore rispetto a quella attuale, già dieci punti inferiore rispetto alla media nazionale. Si pensi poi alla Carnia, dove in piena campagna vaccinale era presente il centro di somministrazione di Tolmezzo. Adesso invece il polo più vicino è quello della Fiera di Martignacco. Normale, per chi è abituato a spostarsi; un ostacolo molto alto da scavalcare per gli anziani. Si passa poi al Friuli Occidentale, dove di fatto la montagna è ancora isolata. Le valli delle Prealpi pordenonesi devono fare riferimento a Maniago oppure a Sacile. Il paradosso è anche un altro: chi abita a Pordenone ha a disposizione la Cittadella della salute. Comodità assoluta, ma tempi d’attesa elevati, dal momento che si va almeno a fine novembre per il primo appuntamento. Va anche peggio a San Vito, dove il primo “buco” è l’11 dicembre. 


LA SPIEGAZIONE


Premessa: il personale scarseggia. Gli ospedali lavorano ancora a pieno regime (tranne che a Trieste) e non si può dirottare infermieri e vaccinatori solo sul Covid. Servono anche altrove. Ma secondo l’assessore alla Salute Riccardo Riccardi il problema è un altro. Sta a monte. E la conferma arriva purtroppo dai numeri. «Tutti i problemi si possono risolvere - spiega -, compreso quello degli hub vaccinali, che come Regione siamo prontissimi a riattivare. Oggi però siamo di fronte a un fenomeno primario, che riguarda l’adesione alla campagna relativa alla terza dose». In poche parole, manca la materia prima, le persone da vaccinare. La domanda è bassa, ecco perché al momento non si pensa a una presenza più capillare sul territorio. Giornate del vaccino porta a porta? «Tutto è possibile, ma deve aumentare l’adesione», taglia corto Riccardi, che annuncia anche una richiesta di rinforzi alla struttura commissariale gestita dal generale Figliuolo. Come nella prima fase della campagna, arriveranno vaccinatori. Sperando che arrivino anche i vaccinandi.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino