TRIESTE - Solo in provincia di Pordenone, sono 661 (dato aggiornato ieri dalla Prefettura del capoluogo), ma se si allarga il raggio dell’indagine e si arriva a uno spettro...
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IL NODO
Oggi, chiunque sia residente in provincia di Pordenone e abbia bisogno di un luogo sicuro per l’isolamento, può fare riferimento solamente alla struttura di Campoformido (Ud), resa disponibile nei mesi più difficili dell’emergenza. Ma i posti si contano sulle dita di due mani, e l’Azienda sanitaria ricorre a questa soluzione solamente in casi estremi. Nella maggior parte delle altre situazioni, infatti, la quarantena si trascorre in casa. «E il problema maggiore - spiegano dal Dipartimento di prevenzione - è rappresentato dalla convivenza forzata tra persone positive e cittadini (ancora) negativi». Per questo si è scelto di scrivere alla Prefettura, oggi rappresentata ai massimi livelli dal viceprefetto Alessandra Vinciguerra. Una delle soluzioni che dall’Azienda sanitaria sarebbe caldeggiata da tempo è quella relativa all’uso di hotel per far trascorrere la quarantena in sicurezza a chi ne dovesse avere bisogno in caso di contatti con positivi. C’è poi un altro grande problema, legato ai tanti rientri - spesso per ragioni di lavoro - dai Paesi dell’Est Europa. Si pensi ad esempio alle badanti, che oggi non possono trascorrere l’isolamento nelle case degli anziani che accudiscono ma devono “rifugiarsi” da amici e conoscenti, con il rischio di espandere il contagio. O ancora i lavoratori agricoli, che in alcuni casi trascorrono l’isolamento assieme.
NUMERI
Soltanto il 30 luglio scorso, in provincia di Pordenone le persone in isolamento erano 239. Un mese e dieci giorni dopo, la quota è praticamente triplicata, seguendo la crescita dei contagi ma soprattutto l’applicazione delle nuove norme legate ai rientri dai Paesi a rischio. Oggi sono 661, di cui 132 positive e tutte le altre negative ma in quarantena fiduciaria. Il Dipartimento di prevenzione ogni giorno telefona a tutte le persone isolate per rilevare la temperatura e monitorare eventuali sintomi. Un lavoro incessante che sta mettendo a dura prova il personale, già impegnato con la ripartenza della scuola, il normale monitoraggio della pandemia e la gestione dell’attività di routine. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino