CONEGLIANO - Licenziato dopo essere stato fotografato da un investigatore privato mentre si trovava all'interno del negozio gestito dalla moglie in due giornate nelle...
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Protagonista della vicenda è un dipendente dell'Ater di Venezia, Roberto Coletti, 59 anni, di Conegliano, in attività al Servizio legale ispettivo e sfratti.
La sezione lavoro della Corte d'Appello di Venezia, presieduta da Luigi Perina, con sentenza depositata pochi giorni fa ha confermato la legittimità del provvedimento inflitto all'impiegato dell'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale, condannandolo a rimborsare all'Ater oltre 7 mila euro di spese di lite. L'ultima parola ora spetta alla Corte di Cassazione, alla quale sicuramente si rivolgerà il legale del lavoratore, l'avvocato Filippo Cazzagon.
Il licenziamento fu deciso dall'Ater il 9 novembre del 2015, a seguito di un procedimento disciplinare nel quale fu contestato al dipendente di aver prestato attività lavorativa nel negozio Chance e presso l'hotel Cristallo di Conegliano, gestiti entrambi dalla moglie, in giornate nelle quali era assente dall'ufficio per malattia, oppure sulla base di un permesso a lui concesso sulla base della legge 104 del 1992.
LA DIFESA
Coletti si giustificò negando di essere andato a lavorare presso le attività gestite dalla moglie, ammettendo soltanto di essersi fermato mezz'ora a riposarsi, in un'occasione, in attesa di recarsi dalla madre; nonché di essere passato in negozio a portare un battitappeto e ad aiutare la moglie a far ripartire il computer che si era bloccato. Giustificazioni ritenute non convincenti dall'azienda, la quale decise di licenziare l'impiegato rilevando la «gravità» del suo comportamento, «caratterizzato da particolare disvalore sociale».
«SANZIONE PROPORZIONATA»
Il provvedimento fu impugnato da Coletti di fronte alla sezione lavoro del Tribunale di Venezia, la quale nel 2016 accolse il suo ricorso, annullando il licenziamento in quanto, a suo avviso, non era emersa alcuna prova del fatto che il dipendente Ater avesse prestato attività lavorativa all'interno del negozio della moglie. Tantomeno che la malattia lamentata - una dolorosa periatrite - non fosse reale. L'Ater però non si è arresa e la Corte d'appello le ha dato ragione: nella sentenza i giudici scrivono che il dipendente ha abusato dei permessi e la sanzione del licenziamento è proporzionata in quanto il suo comportamento «è stato lesivo del vincolo fiduciario».
Gianluca Amadori Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino