La follia di Oreste secondo Casadio il teatro si mescola alla graphic novel

Claudio Casadio in "Oreste"
Pazzia, malattia mentale, le ferite nate nell’infanzia che ci rendono più fragili, scavando solchi così profondi da cui non si riesce ad emergere: esistenze...

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Pazzia, malattia mentale, le ferite nate nell’infanzia che ci rendono più fragili, scavando solchi così profondi da cui non si riesce ad emergere: esistenze ignorate, dimenticate, soffocate nelle celle degli istituti psichiatrici, zittite a forza da psicofarmaci ed elettroshock. Nasce da queste riflessioni “L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi”, lo spettacolo scritto da Francesco Niccolini e diretto da Giuseppe Marini che vede Claudio Casadio al centro di uno spettacolo di graphic novel theatre grazie alla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani: un’interazione continua tra teatro e fumetto, animato da Imaginarium Creative Studio, con musiche di Paolo Coletta, in scena IL 16 maggio all’Accademia di Conegliano (ore 20.45). 

IL PROTAGONISTA
Casadio racconta il dolore, la solitudine di un uomo internato. Sul palco un armadietto, un letto, una scrivania e Oreste rinchiuso da trent’anni nel manicomio dell’Osservanza di Imola. Il protagonista canticchia “parlami d’amore Mariù”: è dolce, tenero, ingenuamente consapevole della sua malattia, e ha solo un desiderio, quello di andare a Lucca a prendere la donna amata, Mariù, e con lei partire alla volta di Mosca, dove il padre, a detta sua, lo starebbe aspettando per andare sulla luna. L’immaginazione, i sogni, lo tengono in vita, sono le sue armi di difesa. Oreste, difatti, non dorme mai, non prende le medicine: sogna, dipinge e ha lunghe conversazioni con fantasmi di amici e parenti, le cui immagini sono proiettate sullo sfondo: conosciamo la sorella Marilena, Ermes, ufficiale aeronautico di un esercito straniero, medici e infermieri. 
LA FANTASIA

Sono loro, la sua stessa fantasia, l’inconscio in lotta per emergere, a riavvolgere i nastri della sua vita tentando di fargli ricordare episodi cruciali del suo trascorso. L’inizio della follia coincide con la morte della sorella, sbranata dai maiali del padre: da quel momento la sua vita ripercorre le orme, in chiave verista e contemporanea, dell’Oreste eschileo; il padre parte in guerra, la madre si ammala e lui finisce in collegio. Una volta uscito assiste all’omicidio del padre da parte della madre e del nuovo compagno, così, per vendicarsi, lui stesso, figlio, le toglie la vita. La drammaturgia favorisce un equilibrato incontro tra teatro e graphic novel, per ricordarci che a volte basterebbe una “carezza in un pugno” per riumanizzare un’esistenza spezzata. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino